Un altro barcone con 100 persone a bordo è stato segnalato da Alarm Phone, il sistema di allerta telefonico utilizzato per segnalare imbarcazioni in difficoltà, a 60 miglia al largo delle coste di Misurata, in Libia. Il natante, che inizialmente non aveva chiesto aiuto, starebbe ora imbarcando acqua con le persone nel panico. A bordo, secondo quanto segnalato, potrebbero esserci morti, tra cui forse anche un bambino.
“Alle 10 di questa mattina – spiega Alarm Phone -, siamo stati avvertiti di un’imbarcazione con 100 persone a bordo che stava tentando di attraversare il Mediterraneo. Alle 11 abbiamo ricevuto la loro prima posizione. Erano a 60 miglia al largo di Misurata (Libia), ma la situazione era calma e ci chiedevano di restare in standy, mentre tentavano di utilizzare un motore”. “Tra le 11:40 e le 12:20 – continua il sistema di allerta -, le persone hanno cominciato ad andare nel panico. Volevano che informassimo le autorità, ma non quelle libiche. Abbiamo fornito loro assistenza legale, spiegando che Libia e Italia avrebbero sostenuto la responsabilità libica per l’area in cui erano”. “Alle 12:20 – si legge – abbiamo ricevuto una nuova posizione. Erano a 12 miglia più a est e avevano problemi di navigazione. Un bambino è incosciente o morto. Il natante sta imbarcando acqua. Chiedono aiuto, anche se questo potrebbe significare tornare in Libia”.
Sos dal barcone, “stiamo congelando” – “Presto non riuscirò più a parlare perché sto congelando”. E’ il drammatico racconto delle telefonate che Alarm Phone sta ricevendo in queste ore dai migranti in avaria su un barcone al largo di Misurata. “Sono nel panico – scrive il sistema di allerta -, il nostro staff sta cercando di calmarli, ma nell’ultima ora abbiamo sentito più volte persone urlare. La situazione è disperata”.
“Siamo ancora in zona Sar ma nessuno si è ancora assunto il coordinamento dell’operazione”. Lo dicono all’ANSA gli attivisti di Sea Watch che ieri hanno messo in salvo 47 migranti – tra cui 8 minori non accompagnati – soccorsi su un gommone a 50 miglia al largo delle coste libiche. “Chiediamo istruzioni e restiamo in attesa – continuano -. Siamo stati rimandati ai libici che però non rispondono. Non c’è modo di parlare con loro, non rispondono neanche al telefono”.
“Io non sono stato, non sono e non sarò mai complice dei trafficanti di esseri umani, che con i loro guadagni investono in armi e droga, e delle Ong che non rispettano regole e ordini. Quanto a certi sindaci e governatori di Pd e sinistra anziché denunciare la presunta violazione dei ‘diritti dei clandestini’, dovrebbero occuparsi del lavoro e del benessere dei loro cittadini, visto che sono gli italiani a pagare loro lo stipendio. Sbaglio?”: così su Facebook il ministro dell’Interno, Matteo Salvini.
“Se la Francia non avesse le colonie africane, che sta impoverendo, sarebbe la 15/a forza economica internazionale e invece è tra le prime per quello che sta combinando in Africa. L’Unione Europea dovrebbe sanzionare queste nazioni come la Francia che stanno impoverendo questi posti e è necessario affrontare il problema anche all’Onu”. Lo ha detto il vicepremier Luigi Di Maio rispondendo ad Avezzano a una domanda sui naufragi di migranti avvenuti nel Mediterraneo, a margine del tour elettorale per le regionali.
E da Palermo, dove si trova in visita, il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati ha detto che “non possiamo rassegnarci ad accettare la morte di tanti poveri innocenti. Il Mediterraneo deve essere un mare di pace, non una fossa comune”.
“Perder tempo significa morire. Mentre Open Arms è bloccata in porto a Barcellona, 8 persone al giorno muoiono nel Mediterraneo. #FreeOpenArms”: questo il testo di un tweet di Open Arms, la ong bloccata nei porti spagnoli dopo il divieto di salpare imposto dalla capitaneria di porto di Barcellona.
Centosettanta vittime in due naufragi. Centosettanta persone morte negli ultimi giorni in un Mediterraneo che, anche in questo scorcio del 2019, si conferma “cimitero dei migranti”. I barconi del sogno europeo non si fermano e continuano a partire dalla Libia, in fuga da “violenze e abusi”, dalle torture dei centri di detenzione, come raccontano i fortunati che ce la fanno.
Solo ieri altri tre gommoni sono stati avvistati al largo di Tripoli, due sono stati riportati in Libia, mentre un altro con a bordo 47 migranti è stato soccorso da Sea Watch che resta ora in attesa di indicazioni dalle autorità per un porto sicuro. “Le ong si scordino di ricominciare la solita manfrina del porto in Italia o del ‘Salvini cattivo’. In Italia no”, chiosa il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in una diretta pomeridiana su Facebook. “Ci sarà un secondo processo di Norimberga – lo attacca il sindaco ‘disobbediente’ di Palermo, Leoluca Orlando – e lui non potrà dire che non sapeva”. “I nostri nipoti – gli fa eco padre Alex Zanotelli – diranno di noi quello che noi diciamo dei nazisti”.
L’ultima tragedia è avvenuta venerdì mattina, quando le autorità libiche avvistano un gommone in difficoltà con “circa 50 migranti”, secondo la loro stima, a nord di Garabulli. La Guardia costiera di Tripoli invia prima una motovedetta – poi costretta a tornare indietro per avaria – e poi allerta un mercantile battente bandiera liberiana per soccorrere il natante. Nel frattempo, un paio d’ore dopo, il gommone viene avvistato anche da un velivolo dell’Aeronautica militare italiana che riferisce di sole 20 persone a bordo. Ma a quel punto il gommone è già semiaffondato. L’equipaggio dell’aereo lancia due zattere di salvataggio, mentre poco più tardi un elicottero inviato dal cacciatorpediniere Caio Duilio recupera i tre superstiti del naufragio e li porta a Lampedusa. Saranno loro a rivelare che su quel gommone “eravamo in 120, tra cui 10 donne e anche un bimbo di due mesi”. Su quanto accaduto indagano la procura militare di Roma e quella ordinaria di Agrigento.
Gli inquirenti sono alla caccia dei responsabili del traffico, ma vogliono fare chiarezza anche sulle modalità del soccorso. Era stato il senatore e ufficiale delle Capitanerie, Gregorio De Falco, nel pomeriggio a invitare Marina e Guardia Costiera a “fornire ogni ragguaglio della situazione”. “Ricordiamoci – aveva detto – che esistono obblighi di soccorso derivanti sia da norme di diritto internazionale che interno, oltre al buon senso. Il naufragio è una cosa e l’immigrazione un’altra”.
Un altro naufragio, invece, è avvenuto nei giorni scorsi ed è costato la vita a 53 migranti che tentavano di raggiungere l’Europa sulla rotta nel Mediterraneo occidentale, in direzione della Spagna. Un sopravvissuto, riferisce l’Unhcr, è stato soccorso da un peschereccio e sta ricevendo le cure mediche in Marocco. Navi di soccorso marocchine e spagnole hanno perlustrato a lungo quel tratto di mare, ma senza risultati. Ed oggi, proprio in Spagna – a Barcellona – sono scesi in strada attivisti e volontari dell’ong OpenArms, in corteo per le strade della città sulle note di “Bella Ciao”.
Sulla tragedia di venerdì il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso “profondo dolore”, mentre il premier Giuseppe Conte si è detto “scioccato”. Immancabile, però, monta la polemica politica, con Salvini che torna all’attacco delle ong. “Loro tornano in mare – accusa -, gli scafisti ricominciano i loro sporchi traffici e le persone tornano a morire”. Per l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, quella attuale è “una politica migratoria criminale”. “Noi siamo l’Italia – scrive Matteo Renzi -: se c’è gente in mare, prima la salviamo. Poi si discute”. Il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, lancia un appello all’Europa che, dice, “non può più restare a guardare”.
Il Papa, dolore nel cuore, cercavano un futuro – “Penso alle 170 vittime dei naufragi nel Mediterraneo: cercavano un futuro per la loro vita, vittime forse di trafficanti di esseri umani. Preghiamo per loro e per coloro che hanno la responsabilità di quello che è successo”. Lo ha detto il Papa all’Angelus definendo la tragedia nel Mediterraneo tra i suoi “dolori nel cuore”.