Niente condanna penale per i genitori che non pagano l’assegno di mantenimento – stabilito in sede civile – per i figli maggiorenni in grado di lavorare, anche se studenti. Lo sottolinea la Cassazione accogliendo il ricorso di un padre marchigiano di 68 anni, M. L., condannato in primo e secondo grado – dal Tribunale di Ascoli Piceno e dalla Corte di Appello di Ancona nel 2014 – “per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza” alla figlia maggiorenne che era andata via di casa dopo la morte della madre e aveva un impiego part-time.
In base a quanto deciso dal giudice civile, l’uomo doveva versare alla figlia un assegno mensile e per tre mesi era venuto meno a questo impegno anche perchè non sapeva dove la ragazza era andata ad abitare dopo aver lasciato la casa dove viveva con la mamma. E’ probabile che marito e moglie fossero separati e l’uomo dovesse versare un assegno per la figlia. Ad avviso degli ‘ermellini’, “è fondato” il ricorso di M. L. contro la condanna – la cui entità non è specificata in sentenza – dal momento che il codice penale punisce con l’art. 570 cp chi fa mancare “i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro”.
Stando dunque alla norma, prosegue la Suprema Corte nel verdetto 1342 depositato oggi, “non integra il reato in parola la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza ai figli maggiorenni non inabili al lavoro, anche se studenti: l’onere di prestare i mezzi di sussistenza penalmente sanzionato, ha infatti un contenuto soggettivamente e oggettivamente più ristretto di quello delle obbligazioni previste dalla legge civile”, venendo meno alle quali si rischia la condanna per mancata esecuzione dolosa di un ordine del giudice.
Ricordano inoltre gli ‘ermellini’ che hanno diritto ai mezzi di sussistenza i figli maggiorenni solo nel caso in cui siano afflitti da “totale e permanente inabilità lavorativa”, e in proposito sottolineano di aver in passato annullato la condanna al padre di un ragazzo inabile ‘solo’ al 75%. Tornando a questo specifico caso, il verdetto rileva che il padre per tre mesi a partire dall’ottobre del 2009 quando la figlia era ormai maggiorenne, essendo nata nel dicembre 1985, non le aveva dato l’assegno e che il reato non sussiste dato che “risulta chiaro che la ragazza non era inabile al lavoro, tanto che svolgeva un lavoro con contratto part-time”. Così la condanna è stata annullata senza rinvio “perchè il fatto non sussiste”.