Una vita creativa e giocosa, passata a riflettere sulla realtà ma coinvolgendo amici e famigliari in un connubio di genio e semplicità, sperimentazione e confronto con i diffidenti pittori suoi contemporanei. E’ questo il Magritte intimo che emerge da ‘La ligne de vie’, in mostra fino al 6 gennaio prossimo nel polo culturale del Masi-Lac di Lugano, raggiungibile in un’ora di treno da Milano. Un edificio quasi opera d’arte a sua volta, con la cosiddetta “grande L” che guarda il lago scomponendosi tra museo, teatro, piazza pubblica e la chiesa di S.Maria degli Angeli, in cui si può osservare la gigantesca ‘Passione di Cristo’ del Luini. La rassegna di opere del geniale maestro, uno dei pittori più amati dal grande pubblico, prende spunto dalla “fondamentale” conferenza tenuta dall’artista nel 1938 al Musée Royal des beaux-arts di Anversa, dove Magritte illustrò l’evoluzione della propria poetica e le tecniche che sceglieva per rendere gli oggetti “grandiosi e sconvolgenti”, per usare le sue parole. Da quegli spunti si snoda la trama dell’allestimento di 70 opere che restituisce dell’uomo e della sua forza creativa un punto di vista profondo e particolare. Ad esempio scavando in alcuni dei suoi periodi artistici meno noti, come il ‘Vache’, e il “Renoir” (quello del tratto impressionistico, durante il quale si espose alle critiche dei colleghi metafisici e surrealisti). Nella mostra c’è anche una originale sezione dedicata alle affiches pubblicitarie e politiche. Ma non mancano ovviamente opere di primissimo piano come La Grande guerra, del ’64 (Collezione Eather Greather, Basilea), La ricerca dell’assoluto, del ’66 (collezione privata, Lugano), grazie alla collaborazione con la Fondazione Magritte di Bruxelles che ha aperto archivi e prestato pezzi rari’. “Un’allestimento non facile – spiega all’ANSA Guido Comis, curatore del nuovo Museo d’arte della Svizzera italiana – anche perché il Lac non aveva una sua collezione Magritte e ha dovuto avvalersi di molti prestiti. Tra gli artisti che lo hanno influenzato, e che gli abbiamo accostato, ci sono i futuristi italiani. Un momento che lo aveva entusiasmato spingendolo ad affermare la frase ‘ho dipinto tutta una serie di tele futuriste in un vero e proprio stato di ebbrezza’. Magritte vi vedeva ‘un’aria sovversiva’ e tra gli autori che lo influenzeranno di più si annovera De Chirico, oltre a Max Ernst” entrambi, anche se diversamente, esponenti della ‘pittura metafisica’. “Nel 1957 Magritte si comprò una cinepresa – riprende il curatore – e iniziò così un viaggio nel mondo del cinema usando come protagonisti egli stesso, la moglie e gli amici di famiglia in cui alternò momenti di sperimentazione a divertissement”. Tra le opere pienamente sviscerate nella loro profondità anche ‘Fantomas’, l’eroe crudele di cui l’autore divorava i fumetti “antesignano degli eroi negativi, ma nella cui effigie il pittore sostituisce il pugnale con una rosa”; ‘Il Nottambulo’, opera ombrosa “in cui Magritte probabilmente mette in gioco il suo trauma giovanile, quando la madre si suicidò in un fiume con una camicia da notte avvolta sulla testa, onde per cui la casa non era sentita come un luogo positivo (molti ricorderanno l’opera ‘Gli Amanti del 1928 in cui i due soggetti si baciano con le teste avvolte in un drappo bianco); o ancora ‘Il lume filosofico’, dove il filosofo è “un pensatore i cui pensieri non smettono mai di circolare”. Una sensazione che il grande genio belga certamente conosceva bene.