Il Parkinson si può battere anche ballando. Non solo riabilitazione e farmaci, quelli sono la base e servono sempre. Ma tre mesi continuativi di “Ballu tundu” sono capaci di migliorare l’equilibrio, la mobilità funzionale, la capacità di esercizio e la qualità di vita dei pazienti. E possono essere considerate a tutti gli effetti una delle scelte riabilitativo motorie.
Una terapia che nasce dalla tradizione, fa bene e migliora il quadro generale. I miglioramenti riguardano anche la lunghezza del passo e la forza degli arti inferiori insieme. Ma la danza, e quella tradizionale sarda in particolare, aiuta a mettere ko persino la depressione, l’apatia e i disturbi cognitivi. Èquanto emerge dallo studio scientifico “Sardinian Folk Dance for Individuals with Parkinson’s Disease: A Randomized Controlled Pilot Trial”, ideato e realizzato da un’equipe integrata del Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica dell’Università di Cagliari.
I principali autori della ricerca sono Lucia Cugusi e Paolo Solla. Il lavoro è stato condotto su venti pazienti sardi di entrambi i sessi, con diagnosi di malattia di Parkinson da circa 5 anni e ha avuto una durata complessiva di quasi due anni. L’equipe, coordinata dal professor Giuseppe Mercuro, ha visto la collaborazione dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia dell’Aou di Cagliari diretta dal professor Giovanni Defazio, dei bioingegneri delle Università di Cagliari (Danilo Pani) e Sassari (Andrea Cereatti), dell’esperto e maestro di ballo sardo Emanuele Garau e dell’associazione Team Kayak Sardegna. Lo studio, finanziato dalla Fondazione di Sardegna, è in fase di pubblicazione sulla rivista scientifica statunitense “Journal of Alternative and Complementary Medicine”, e ulteriori esiti della ricerca troveranno spazio nei prossimi congressi internazionali di settore.