Servirà l’esame del Dna per il riconoscimento ufficiale del cadavere di Manuel Careddu. Le condizioni del corpo, infatti, rimasto sepolto per cinque settimane in una fossa profonda circa 30 centimetri, sono tali che anche l’autopsia, fissata per sabato 20 ottobre, non potrà dare risposte certe. Nessun indumento è stato trovato vicino al cadavere, nè documenti.
Gli autori del delitto si sarebbero accaniti sul corpo del 18enne di Macomer: sfondato il cranio con pala e piccozza lo avrebbero poi fatto a pezzi con una motosega prima di seppellirlo.
Il ritrovamento del cadavere di Manuel Careddu non chiude l’inchiesta sul barbaro omicidio del 18enne di Macomer. Dalle intercettazioni contenute nell’ordinanza di fermo dei cinque giovani accusati del delitto – tre ventenni e due 17enni, tra cui una ragazza – emerge che qualcun altro sapeva dell’assassinio. Un sesto uomo su cui gli inquirenti stanno concentrando le indagini.
Anche lui è stato intercettato. La sua voce non compare nella notte dell’11 settembre, nelle tre ore in cui si compie l’omicidio. Spunta invece il giorno dopo, sempre in macchina, mentre parla con Christian Fodde, uno dei 20enni arrestati. Il dialogo prosegue quando i due si recano presumibilmente nel terreno in cui verrà seppellito Manuel. Il sesto uomo dice: “Non ho ancora realizzato”. Più che una sua partecipazione diretta all’omicidio, la frase farebbe pensare al fatto che gli amici, la sera prima al bar, gli abbiamo raccontato tutto. Fodde risponde: “Non è un gioco… quello di ammazzare va bene… è il dopo”. Il ‘branco’ era pronto anche ad ammazzare ancora: Fodde e la 17enne vengono captati mentre parlano di un loro amico “che sa”. “Lo uccidiamo?”, chiede la ragazza. Lui risponde: “Mi devo sporcare per un essere… arrivederci…”