“Alberto Cubeddu non ha un movente, esegue un omicidio per pura solidarietà con il cugino (Paolo Enrico Pinna già condannato in due gradi di giudizio a 20 anni per duplice omicidio, ndr), anzi si può dire che è un killer”. Risuonano forte in Corte d’assise a Nuoro le parole dell’avvocato di parte civile, Rinaldo Lai, nel processo a carico del 22anne di Ozieri accusato dei delitti di Gianluca Monni e Stefano Masala, avvenuti tra il 7 e l’8 maggio 2015.

Lai ha concluso questa mattina le arringhe insieme al collega Antonello Cao, sottolineando l’azione “cruenta, efferata e malvagia” compiuta dai due cugini e mettendo in evidenza tutti i passaggi che in dibattimento hanno prodotto la prova della colpevolezza di Cubeddu: i due supertestimoni prima di tutto, “una studentessa che riconosce Cubeddu prima dell’omicidio, e un amico dello stesso Cubeddu che lo vede bruciare l’auto di Masala la sera del delitto”.

“In questo processo, che si è svolto in una terra omertosa – ha denunciato Antonello Cao – c’è stato chi non ha avuto paura di parlare. Cubeddu non ha un alibi dalla sera del 7 maggio a mezzanotte fino alla mattina dell’8 alle 8.53. Monni è stato ucciso alle 7.10 e Cubeddu ha avuto tutto il tempo per uccidere a Orune e tornare a Ozieri, dove verso le 8.53 ha chiamato un allevatore nella cui azienda è andato poco più tardi”. Toccante il ricordo dello studente. “Gianluca è stato ucciso mentre ripassava la lezione prima di prendere il bus per andare a scuola – ha detto il legale – era un ragazzo che amava i libri non le armi, era il figlio che tutti avrebbero voluto avere”.

La parola è poi passata all’avvocato Agostinangelo Marras, difensore di Francesco Pinna, lo zio di Paolo Enrico accusato di aver minacciato il supertestimone Alessandro Taras per convincerlo a ritrattare le accuse nei confronti di Cubeddu. “Voi non avete certezza che le parole dette al telefono da Francesco Pinna al fratello di Taras siano quelle riferite – ha sottolineato Marras – Chiedo quindi l’assoluzione dell’imputato”.