La Sardegna è un’Isola dalle tante risorse che da poco più di un decennio ha scoperto un’altra sua vocazione, quella climatica, che offre le condizioni ecologiche ottimali per la coltivazione della cannabis indica. Lo dimostrano i sequestri di grosse piantagioni scoperte dai Carabinieri e dalla Polizia di Stato, ma anche le numerose, e prospere, coltivazioni legali di ‘cannabis sativa’, alcune di estensioni considerevoli. “In primis va detto che non tutta la Sardegna si adatta, dal punto di vista delle condizioni ecologiche alla coltivazione della cannabis”. Lo afferma il professor Gianluigi Bacchetta, Ordinario del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari e direttore dell’Orto Botanico del Capoluogo, che spiega i motivi per i quali alcuni territori dell’Isola sono particolarmente vocati a questo tipo di coltura.
“Ci sono delle aree della Sardegna, specialmente quelle interne, dove si riscontrano condizioni adeguate che si avvicinano a quelle naturali di crescita della cannabis nei territori mediorientali, dove di fatto di fatto la pianta cresce spontanea. Sono condizioni ecologiche sub Mediterranee e dal punto di vista climatico queste condizioni sono del tutto similari a quelle che si riscontrano nell’area del Medio Oriente compresa tra l’India, l’Afghanistan, il Pakistan e l’Iran. Nelle zone interne della Sardegna queste condizioni si trovano nel Nuorese, nell’Ogliastra e il Sarrabus-Gerrei”.
“Di fatto queste aree – prosegue il professor Bacchetta – sono molto simili ad altre aree dove viene coltivata la cannabis, come ad esempio il nord del Marocco, nell’area della catena del Rif, dove, a partire dai 1000 fino ai 2000 metri, ci sono le più importanti coltivazioni di marijuana del bacino del Mediterraneo. Sono delle coltivazioni illegali, ma tollerate da quel governo, che si realizzano in aree montane proprio perché, dal punto di vista ambientale, climatico, e più in generale ecologico, riproducono situazioni molto prossime a quelle dei luoghi dove la pianta cresce spontanea nel Medio Oriente. Queste condizioni del Rif le ritroviamo nella Sardegna centrale ma anche in altre aree del Mediterraneo, quelle tendenzialmente montagnose tra i 1000 e i 2 mila metri. Ad esempio dalla Campania fino alla Calabria e alla Sicilia, e poi la Corsica, si verificano situazioni climatiche assolutamente migliori di quelle riscontrabili in Sardegna per la coltivazione della cannabis”.
Perché a queste altitudini? “È una pianta che cresce in ambiente montano – spiega il docente dell’Università di Cagliari – che ha un ciclo biologico che la porta a germinare in primavera e svilupparsi durante il periodo estivo e a maturare tra fine agosto e settembre. E’ una pianta che non tollera lo stress idrico dell’estate, che è caratteristico del nostre zone costiere e basso collinari, dove le estati sono sempre aride per un periodo non inferiore ai 2 mesi. Fino alla fine di agosto nelle nostre pianure ci sono condizioni di aridità che non sono ben tollerate da questa specie. Ecco perché le piantagioni vengono ritrovate alla fine di agosto o settembre lungo fiumi, canali, compluvi e in zone montane dove ci sono delle situazioni ottimali di umidità edafica, cioè del suolo. Quando non si riscontra questa condizione di umidità necessaria, si supplisce con l’irrigazione ‘di soccorso’, come accade regolarmente. In questo caso quindi – prosegue Bacchetta – è necessario ricostruire le condizioni di origine della specie e dei climi naturali su cui la pianta cresce spontaneamente, ovvero corsi d’acqua, margini di torrenti e ambienti di impluvi dove l’umidità relativa consente lo sviluppo della pianta. Poi, è chiaro, si può coltivare anche a quote molto inferiori aumentando l’acqua che deve essere somministrata, appunto, con l’irrigazione di soccorso”.
Quali sono i fattori che determinano l’innalzamento considerevole dei valori di Thc della marijuana prodotta in Sardegna, come dimostrato dalle analisi delle Forze dell’Ordine sulle piante sequestrate?
“Questo fattore è determinato da tre condizioni. In primis l’elaborazione di nuove varietà di cannabis e quindi l’immissione sul mercato di semi che garantiscono dei livelli di Thc superiori a quelli di 20 anni fa. E’ il frutto di un’accurata ingegneria genetica – prosegue il direttore dell’Orto Botanico di Cagliari – e dell’elaborazione di varietà che fondamentalmente vengono fornite dal mercato olandese. Rispetto alle tradizionali ‘cultivar’ di qualche decennio fa, che avevano dei contenuti il Thc notevolmente inferiori, la scienza è andata a selezionare dei ceppi varietali con contenuti di Tetraidrocannabinolo sempre più alti, e ad incrociare le due varietà di cannabis tra ‘indica’ e ‘sativa’, sviluppando i processi di ‘femminizzazione’ della pianta con la conseguente garanzia della produzione di semi che a loro volta producono piante femmina. Le piante femmina sono infatti quelle che concentrano maggiormente il principio attivo”.
Quindi c’è l’industria e la scienza dietro alla moderna coltivazione della marijuana?
“C’è un’industria molto importante dietro la vendita dei semi di cannabis che si sviluppa principalmente nel mercato olandese e che poi si è estesa a tanti altri territori. Per cui – afferma Bacchetta – si è passati dalle piante di 20 anni fa, che producevano contenuti di Thc del 3-5%, a quelle attuali che arrivano a contenuti del 20- 22 per cento. Questo processo di selezione ha portato degli aumenti mostruosi di contenuto di Thc”.
“Questo – spiega il docente – è quello che è accaduto da un lato, ma c’è anche un’altra componente e cioè la tecnica di coltivazione: se il coltivatore è attento ed elimina tutte le piante maschio che eventualmente dovessero nascere nella piantagione, evita che ci sia una fecondazione, una impollinazione, che porta alla fruttificazione delle stesse piante femmina, con un conseguente trasferimento dei principi attivi di thc molto sbilanciato sulle parti seminali. Se si ha questo accorgimento il principio attivo si concentrerà in maniera molto più elevata. Infatti il thc non andrà a distribuirsi sui semi, ma rimarrà invece concentrato nelle parti fiorali che costituiscono la principale risorsa che viene venduta, cioè il bocciolo, le infiorescenze”.
“Il terzo aspetto – prosegue Bacchetta – è dato dalle condizioni climatiche: situazioni di montagna e di media montagna tra i 700 e i 1000 metri con impluvi, vallate riparate con disponibilità idrica ma allo stesso tempo con molto sole e molto caldo, sono assolutamente amate dalla pianta. Quindi possiamo dire che il clima della Sardegna centrale simula in maniera quasi fedele quello dei luoghi dove normalmente le piante vengono coltivate e crescono spontanee. Questo è il terzo motivo per cui si ritrovano alla fine materiali sempre più ricchi di Tha. Quindi, in sintesi, sono tre i fattori determinanti: alla base c’è la selezione della pianta, il lavoro di chi elimina i maschi dalla piantagione, e le condizioni ecologiche della nostra Sardegna, specialmente nelle aree interne e montane”.
A Cagliari, sulla base dei sequestri effettuati, si nota più un consumo di hashish, ma emerge la coltivazione “indoor” della marijuana. Come sono le piante coltivate in ‘serra’ rispetto a quelle coltivate all’aperto in Barbagia e in Ogliastra?
“La gente se la fa a casa, è molto meno rischioso, ed è assolutamente identica. Fondamentalmente gli manca solo un po’ di sole ma per il resto si usano gli stessi semi selezionati ed evoluti con quei contenuti di Thc femminizzati. Non c’è quindi possibilità di fecondazione da parte di maschi – conclude Bacchetta -, poi le piante vengono assistite con delle lampade molto evolute che riproducono fedelmente la luce solare. Quindi si ottengono fondamentalmente gli stessi risultati”.
Infine si analizza il fenomeno del consumo della marijuana: tutta questa produzione sarda è destinata al mercato locale o all’esportazione?
“A mio parere è destinata al mercato locale. I giovani trovano della marijuana con principi attivi elevati e con facilità. Mentre prima non ‘sballava’ o ‘sballava’ poco, e la gente andava a cercare altre tipologie di droghe, più costose e più pericolose, oggi la marijuana è la droga a miglior prezzo che ‘sballa’ di più e che ha, tra virgolette, gli effetti meno nefasti rispetto a qualsiasi pastiglia, alla cocaina e all’eroina. Poi c’è la regola del mercato: l’offerta è determinata dalla domanda. E la domanda è determinata dalla disponibilità economica e dalla voglia di ‘sballo’: se c’è disponibilità economica e voglia di ‘sballo ecco’ che il ciclo si chiude. Quindi se una droga costa poco e sballa, è chiaro che i giovani la comprano. E la produzione sarda risponde ottimamente alla domanda”.