L’assemblea del Pd è appesa alle decisioni di Roma. Sarà la segreteria nazionale, infatti, a stabilire se la presidente Lalla Pulga dovrà convocare la riunione per lunedì 23 luglio, come richiesto da oltre un quinto dei componenti (40 delegati, tutti della maggioranza costituita da renziani e popolari-riformisti), oppure no.

Nel secondo caso, di fatto, Roma avvallerebbe l’operato della presidente, che lunedì scorso aveva sciolto l’assemblea di Abbasanta per mancanza del numero legale, spianando la strada per il congresso, dato che si trattava dell’ultimo giorno utile per eleggere un segretario a trenta giorni dalle dimissioni di Giuseppe Luigi Cucca. In quell’occasione però, dopo lo scioglimento, la maggioranza congressuale si era “ricontata” e aveva ritenuto di avere i numeri per poter almeno tenere aggiornata l’assemblea. Fino alla richiesta di riunione per il 23.

“Mi è pervenuta in data 11 luglio, da parte di oltre un quinto dei componenti, una richiesta di convocazione con all’ordine del giorno l’elezione del segretario”, spiega infatti la presidente, sottolineando che “tuttavia, a seguito dell’assemblea convocata con lo stesso punto all’ordine del giorno il 9 luglio, e andata deserta, nel comunicarlo al nazionale ho chiesto, ai sensi dello Statuto, l’avvio della fase congressuale”. Quindi, chiarisce, “in presenza di una diversa interpretazione dello Statuto, ho chiesto al nazionale di indicarmi quale strada seguire ai sensi dello stesso Statuto e dei regolamenti vigenti. Rimango in attesa del riscontro, per provvedere agli adempimenti conseguenti”.

Lalla Pulga ha manifestato qualche perplessità sulla lettera dei quaranta. “Possono stabilire l’odg, ma in questo caso fissano anche le modalità di svolgimento – spiega – Cioè, hanno inviato a me la richiesta ma pretendono di dettare i lavori”. E sull’infuocata riunione del 9, dove si è sfiorata la rissa, dice: “Sono amareggiata, anche se non mi sono spaventata. Voglio che questa cosa si risolva nel migliore dei modi, nel rispetto delle regole e non soccombendo alla prepotenza”.

Quanto al tentativo di sfiduciarla in sua assenza, commenta: “E’ vero che appartengo all’area Soru, come è vero che ho partecipato alla fondazione di Progetto Sardegna, ma sono colei che dà garanzie a tutti, compresa l’area Soru che ha chiesto il controllo del numero legale. Loro (la maggioranza, ndr) si sono comportati come se fosse colpa della minoranza se non sono stati in grado di mettere assieme un numero legale”. D’altra parte, conclude, “nella mia storia di amministratrice ho sempre cercato di svolgere il mio ruolo di garanzia nel migliore dei modi, e credo che mi sia stato riconosciuto nel momento in cui sono stata eletta presidente all’unanimità. Tutte queste qualità non possono venire meno solo perché non faccio quello che la maggioranza vorrebbe”.