Una riunione-show davanti al pubblico tra supereroi dello sport sardo come lo skipper Max Sirena, lo scalatore Angelo Lobina, l’atleta di triathlon Giuseppe Solla e Chiara Obino, la recordwoman degli abissi. Ma soprattutto un viaggio nella “testa” degli atleti estremi: quella mente che regola i movimenti del corpo e permette di andare avanti in situazioni difficili e quasi insormontabili. E’ stato questo il filo conduttore della serata di Senza Respiro. Roberto Zanda, l’ironman che ha rischiato di morire assiderato nella sua ultima sfida impossibile, la Yukon Artic Ultra, è stato accolto con un lungo applauso. Ha perso mano e piedi nel freddo.

Ma è pronto a risorgere al sole. A correre nel deserto della Namibia per 250 chilometri anche con i suoi arti bionici. Con tappe da quaranta da fare tutte in una volta. “In Canada il risultato non è stato soddisfacente – ha raccontato – ma la gara che ho fatto per essere vivo l’ho vinta”. Il suo dramma? Risolto in poche battute: “Il ghiaccio mi ha impedito – ha detto – di aprire la borsa per prendere il sacco a pelo, mi ha impedito di premere il bottone per chiedere i soccorsi. Ma ho già messo tutto dietro, quello che è successo è successo”. Zanda non ha paura della prossima gara: “sono convinto che bisogna mettersi in gioco”. Non è un caso che il suo soprannome sia emblematicamente “Massiccione”. Indistruttibile.

C’era una leggenda che circolava tra gli uomini e le donne delle missioni impossibili: Massiccione ha guidato una bicicletta per centottanta chilometri con la ruota frenata. E ieri si è scoperto che non era mitologia, ma storia. “Tutto vero – ha detto Zanda – mi è venuto il dubbio quando anche in discesa era effettivamente troppo dura”. Le altre imprese sono state raccontate da chi, come Zanda, ha rischiato e rischia per andare dietro a sogni e record. Sirena, romagnolo ma sardo d’adozione, ha spiegato che cosa sta cambiando nel mondo della vela, con le barche che volano a quaranta nodi, “Prima andavamo a bordo – ha detto – in maglietta e pantaloncini, ora, anche per la sicurezza, sembriamo degli astronauti. Se una barca, a quella velocità, si ribalta, si rischia grosso”. Sport e imprese che si mischiano. Serena ha raccontato dei suoi corsi di apnea, la specialità di Chiara Obino.

“A noi può capitare di andare sott’acqua senza preavviso – ha raccontato – facciamo prove in piscina anche bendati”. I segreti per raggiungere le mete più difficili. “Anche gli allenamenti sbagliati – ha raccontato – quelli che ti dovrebbero buttare giù. Ma è un tranello nel quale non si deve cadere: non si può essere sempre al massimo. E magari il momento giusto si trova proprio in gara”. Angelo Lobina, spesso alle prese con Himalaya e montagne in Alaska e Antartide, ha parlato di una tattica che è un po’ alpinismo, ma un po’ anche saggezza e filosofia: “Di fronte a un ostacolo improvviso – ha spiegato – mi concentro sul piccolo, distogliendo sguardo e pensiero dalla meta finale. Più giusto pensare a come passare la notte durante la bufera che alla cima da raggiungere”. Ma anche partire in tremila allineati per una gara di triathlon è un’esperienza che fortifica. “Può essere anche pericoloso – ha detto Giuseppe Solla – per questo molte organizzazioni stanno usando degli accorgimenti. Ma succede ancora: si lotta, ma bisogna anche stare attenti a non fare male agli altri. Lo sport è lealtà”.