Una drastica riduzione dei tempi d’attesa, almeno nel 70% dei casi, fino a rispettare i codici temporali fissati a livello nazionale. E cioè: con “U” (urgente), la prestazione deve essere eseguita entro 72 ore, con “B” (breve) non oltre i dieci giorni, con “D” (differita) entro 30-60 giorni, con “P” (programmata) non oltre i 180 giorni dalla prenotazione. Questo l’obiettivo che l’Azienda per la Tutela della Salute mira a raggiungere entro l’anno mettendo in campo una serie di interventi previsti dalla delibera “Azioni urgenti per il governo delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e delle liste d’attesa”.

Le criticità – hanno spiegato l’assessore alla Sanità, Luigi Arru, e il dg dell’Ats Fulvio Moirano – si presentano fin dalla prima chiamata al Centro unico di prenotazione. “Stiamo aumentando l’offerta degli operatori telefonici per rispondere al 1533 – esordisce Moirano – abbiamo già ottenuto un risultato: l’87% delle chiamate a Cagliari vengono gestite entro il minuto, prima era il 70%”. Il problema è che, dovendo attendere più del previsto, spesso gli utenti interrompevano la comunicazione. La seconda criticità da risolvere ha a che fare con le prescrizioni.

“E’ stato rilevato che il 95% delle impegnative non contiene l’indicazione di priorità”, osserva Arru. La seconda azione, dunque, consisterà nell’attività formativa per la prescrizione appropriata delle prestazioni, in particolare sull’uso corretto dei codici da inserire nella prescrizione. Terzo punto: “Bisogna distinguere tra prima visita e visita di controllo – continua l’assessore – in troppi passano ancora dal Cup per il secondo caso, invece non devono”.

Quarto: l’aumento di volume delle prestazioni più critiche sino al raggiungimento di tempi di prenotazione vicini allo standard. Questo comporta, se necessario, il funzionamento per 16 ore sei giorni su sette dei macchinari di diagnostica pesante (Tac e Risonanza magnetica), ma anche una maggiore quota di orario di lavoro dedicato a prestazioni ambulatoriali e l’acquisto di pacchetti aggiuntivi da erogatori privati. Infine c’è da ridurre il 40% degli accessi alle prestazioni che non passano per il Cup almeno al 20%.