Si rinnova oggi, festa di San Giovanni Battista, la tradizione sarda (ma diffusa in tutto il Mediterraneo) della stretta del comparato di Santu Juanni, che rafforza le amicizie e le cementa per tutta la vita. I festeggiamenti della notte di San Giovanni affondano le loro radici nelle tradizioni pagane del solstizio d’estate, cioè all’apice dell’arco di festeggiamenti che iniziano il 21 giugno, giorno del Solstizio d’Estate. La notte del 23 giugno è magica perché il fenomeno astronomico profonde influssi benefici sulla terra e conferisce poteri magici al fuoco, all’acqua e alle erbe, che sono i simboli della notte di San Giovanni.

Questi elementi suggellano le amicizie, rendendole ancora più speciali, indissolubili, quelle che dureranno una vita, come la parentela, e forse più: si diventa “compari” e “comari” di San Giovanni, in lingua sarda “goppai (o gommai al femminile) de froris” con un rituale preciso. In qualche paese del nord Sardegna gli uomini saltano il fuoco prendendosi per mano, a sancire la nuova unione, in altri segnandosi e bagnandosi con l’acqua profumata di rose, fiori ed erbe. L’acqua è il simbolo della vita per le sue virtù terapeutiche e divinatorie, usata nell’antica farmacopea popolare per alleviare i dolori ma anche per predire il futuro, cosa che nella società rurale, pastorale e contadina sarda aiutava a predire carestie, buone annate agrarie, ma anche i matrimoni e le nascite. Diventare compari significava quindi non solo amicizia ma soprattutto essere legati alla reciprocità alla mutualità nei momenti di bisogno familiare e lavorativo.

L’usanza dell’acqua profumata è particolarmente seguita nel Campidano: la sera prima le mamme e le nonne raccolgono i petali di rosa, i fiori profumati e le erbe aromatiche e le immergono in un catino d’acqua per l’intera notte, così da riempirla degli effluvi profumati dell’iperico, o erba di San Giovanni o scaccia diavoli, del timo, rosmarino, menta, dell’assenzio, dell’elicriso e della lavanda. Al mattino seguente le due comari in pectore (gli uomini saltavano il fuoco durante la notte dei festeggiamenti) si lavano il viso con l’acqua profumata per suggellare il loro legame.

I due amici, amiche o cugini che suggellano il comparaggio si chiameranno tra loro ‘goppai’ o ‘gommai’, esattamente come per il comparaggio di battesimo o di cresima, ma quando, come spesso succede, l’amicizia viene rotta da un litigio, allora la tradizione popolare dice che i due “anti segau su Sant’Juanni”, cioè è stato rotto il vincolo di San Giovanni.

Questa tradizione, ricordata anche da Alberto La Marmora nel suo Voyage en Sardaigne, incontrò per forti resistenze della Chiesa sarda. Si legge per esempio in un documento del 1566 dell’archivio ecclesiastico della diocesi di Ales-Terralba che chi suggellava il comparaggio “nel falò di San Giovanni o con l’acqua profumata”, sarebbe stato escluso dal sacramento del matrimonio. Nel 1633 il Concilio pastorale della curatoria di Sassari decide che “comari e compari non si chiamino se non coloro che hanno contratto un comparatico spirituale attraverso il battesimo o la cresima”. Una sorta di scomunica che comunque non ha avuto nessun effetto sulla tradizione popolare, arrivata fino ai giorni nostri e che resiste tenacemente in tutta la Sardegna.