Vivere in siti contaminati comporta un aumento di tumori maligni del 9% tra 0 e 24 anni. In particolare “l’eccesso di incidenza” rispetto a coetanei che vivono in zone considerate ‘non a rischio’ è del 62% per i sarcomi dei tessuti molli, 66% per le leucemie mieloidi acute; 50% per i linfomi Non-Hodgkin. Emerge dallo studio Sentieri, a cura dell’Istituto Superiore di Sanità. Il dato riguarda solo quelli dove e’ attivo il registro tumori, 28 siti sui 45 oggetto dello studio Sentieri, ed e’ stato elaborato sui dati del periodo 2006-2013.

A illustrare questi dati e’ stato Ivano Iavarone, primo ricercatore Iss e direttore del centro collaborativo OMS Ambiente e salute nei siti contaminati, intervenuto oggi al workshop “Un sistema permanente di sorveglianza epidemiologica nei siti contaminati”, presso il Ministero della Salute. “L’eccesso di incidenza di patologie oncologiche rispetto alle attese riguarda anche i giovani tra 20 e 29 anni residenti nei cosiddetti Siti di Interesse Nazionale, tra i quali si riscontra un eccesso del 50% di linfomi Non-Hodgkin e del 36% di tumori del testicolo”, spiega all’ANSA Iavarone.
Per quanto riguarda, in generale, le ospedalizzazioni dei più piccoli, “l’eccesso è del 6-8% di bimbi e ragazzi ricoverati per qualsiasi tipo di malattia rispetto ai loro coetanei residenti in zone non contaminate”. La stessa situazione non risparmia i piccolissimi. “Per quanto riguarda il primo anno di vita – sottolinea l’esperto – vi è un eccesso di ricoverati del 3% per patologie di origine perinatale rispetto al resto dei coetanei. E un eccesso compreso tra l’8 e il 16% per le malattie respiratorie acute ed asma tra i bambini e i giovani”.
“Nonostante la maggiore vulnerabilità dei bambini agli inquinanti ambientali – prosegue Iavarone – e l’aumento dell’incidenza dei tumori pediatrici nei paesi industrializzati, l’eziologia della maggior parte delle neoplasie nei bambini è per lo più ancora sconosciuta”. E’ necessario, conclude, “proseguire la sorveglianza epidemiologica nelle aree contaminate, basata su metodi e fonti informative accreditati, per monitorare cambiamenti nel profilo sanitario in relazione a sorgenti di esposizione/classi di inquinanti specifici e per verificare l’efficacia di azioni di risanamento”

Chi vive nei siti contaminati da amianto, raffinerie o industrie chimiche e metallurgiche ha un rischio di morte più alto del 4-5% rispetto alla popolazione generale. E questo, in un periodo di 8 anni, si è tradotto in un eccesso di mortalità pari a 11.992 persone, di cui 5.285 per tumori e 3.632 per malattie dell’apparato cardiocircolatorio. E’ quanto emerge dai dati relativi a 45 siti di interesse per le bonifiche inclusi nella nuova edizione dello studio Sentieri, a cura dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss).

I dati sono stati presentati in via preliminare al workshop “Un sistema permanente di sorveglianza epidemiologica nei siti contaminati”, tenutosi presso il Ministero della Salute. “Sono numeri degni di nota e nel complesso tracciano un quadro coerente con quello emerso dalle precedenti rilevazioni. Questo significa che non vi è stato ancora un generale miglioramento della situazione della contaminazione ambientale a livello nazionale”, spiega Pietro Comba, responsabile scientifico del progetto Sentieri. In 360 pagine, il rapporto Sentieri esplora caratteristiche e problematiche di 45 Siti di Interesse Nazionale o Regionale (SIN/SIR) presenti in tutta Italia: dalle miniere del Sulcis alle acciaierie dell’Ilva, dalle raffinerie di Gela alla citta’ di Casale Monferrato ‘imbiancata’ dall’eternit, passando per il territorio del litorale flegreo con le sue discariche incontrollate di rifiuti pericolosi. Aree in cui vivono complessivamente 6 milioni di persone, residenti in 319 comuni, e i cui dati sono stati studiati nell’arco di tempo tra il 2006 e il 2013. Nove le tipologie di esposizione ambientale considerate: amianto, area portuale, industria chimica, discarica, centrale elettrica, inceneritore, miniera o cava, raffineria, industria siderurgica. Sono state esaminate le associazioni tra residenza e patologie, come tumori e malformazioni congenite. “Nella popolazione residente nei siti contaminati studiati è stato stimato un eccesso di mortalità per tutte le cause pari al 4% negli uomini e al 5% per le donne. Per tutti i tumori maligni la mortalità in eccesso è stata del 3% nei maschi e del 2% nelle femmine”, ha illustrato Amerigo Zona, primo ricercatore dell’Iss. In un periodo di 8 anni, dal 2006 al 2013, “è stato osservato – nella popolazione generale, prosegue – un eccesso di mortalità per tutte le cause di 5.267 casi negli uomini e 6.725 nelle donne. Per tutti i tumori maligni è stata di 3.375 negli uomini e 1.910 per le donne”. “Il significato di questi dati va ora approfondito in ognuno dei territori considerati, anche con la collaborazione delle istituzioni, con gli amministratori locali e la società civile”, spiega Comba. “I dati da noi prodotti – conclude Comba – servono sostanzialmente a capire quali sono gli interventi di risanamento ambientale più utili e urgenti a fini di tutela della salute”.