In quest’isola non c’è mai stato un Rinascimento, anche se i giudicati sono stati un’anticamera di un Rinascimento sardo mai completato, quest’isola non ha mai goduto della prestigiosa reputazione Rinascimentale Italiana; tutt’altro, in quest’isola l’annessione ai Savoia e l’unificazione Italiana, hanno esasperato localismi; si sono contrapposte le energie e le risorse creative sarde, ci si è convinti che la morte dell’altro fosse condizione necessaria per la determinazione del proprio mercato; da Regione a Statuto Autonomo dal forte spirito indennitario, con un proprio percorso (non Italiano) della storia, della lingua e della cultura, bisognava sostenersi l’un con l’altro in un percorso d’Autodeterminazione, non più giudicati, ma comuni in una Regione a Statuto Autonomo in grado di progettare un nuovo percorso della storia comune.
La frammentazione, l’incapacità di guardare oltre di sé e guardare solo sé, ha fatto dell’isola una zona di storia delimitata, culturalmente frammentaria, mai realmente coesa e con reali e specifici obiettivi comuni.
La Sardegna si è autodeclassata a residenza per le vacanze estive, a meta turistica ambita (anche elitaria) che però è periferia artistica e culturale, questo avviene anche attraverso una percezione dei propri artisti che pagano davanti la loro storia, l’assenza che pare anche strategica, d’Alta Formazione Artistica a Cagliari (non ho notizie di altre città metropolitane e capoluoghi privi d’Alta Formazione Artistica).
Sembra che nell’isola si sia incapaci, di costruire una narrazione artistica contemporanea comune, non parlo di simboli come Pinuccio Sciola o Maria Lai, parlo di sistema e di rappresentazione e visione artistica formativamente comune. Sembra si sia stratificata, nell’identità collettiva isolana, un complesso d’inferiorità, che non porta a costruire altre possibilità.
Sembra che il modello acquisito dall’Italiano, sia quello della mediocrità e della superficialità, non quello Rinascimentale al servizio del Comune o quello Illuministico al servizio del diritto alla conoscenza Comune.
Ma nel 2018, può la mediocrità (e non l’eccellenza storica) Italiana, essere la marca da bolla della formazione artistica isolana?
Si può ancora tollerare (e per quanto) che questa terra non abbia il suo Rinascimento e il suo illuminismo, e che tutto sia soltanto effimero individualismo determinato dal mercato?
Si può ancora pensare a Sassari, come fosse fosse il giudicato di Torres alle soglie del quale si ferma l’Alta Formazione Artistica isolana?
Con Cagliari unica città metropolitana Europea priva d’Alta Formazione Artistica, si punta a valorizzare l’arte e la cultura residente, in un’ottica d’acquisire credibilità culturale estera oltre il folk e il fascino della tradizione senza tempo?
Le Accademie di Belle Arti oggi, in Europa e nel mondo, sono l’unico argine di resistenza possibile alla mediocrazia: l’Accademia di Cagliari, potrebbe essere simbolo della volontà di riscatto per riprendere un discorso interrotto con la propria storia.
Comparate un secondo Cagliari a tutte le altre storiche città metropolitane Italiane ed Europee, serve a capirne il ritardo, altrove l’industria creativa e turistica, forte del suo passato e della sua Storia (anche Accademica) si è arrangiata, l’ha fatto con fatica, con imbarazzo, ma sopravvive con fierezza locale per l’eredità (e gli investimenti) secolari passati, che consentono una sana resistenza culturale e artistica alla crisi; Cagliari in questo scenario è una triste e anomala eccezione, è impossibilitata a fare crescere, valorizzare e formare i suoi talenti; questo avviene in una Regione autonoma che ha la sua città metropolitana, impossibilitata a investire artisticamente sulla sua autonomia.
L’assenza di un’Accademia di Belle Arti a Cagliari nei secoli, ha allontanato l’uomo comune, dal suo normale (e costituzionale) diritto d’accesso all’Alta Formazione Artistica, ha negato la formazione artistica residente, ha scaricato sullo studente e la sua famiglia (costretto ad emigrare in età di formazione) costi enormi, costi di classe direbbe Marx.
Per crescere artisticamente, Cagliari dovrebbe rinunciare alla sua esclusiva visione artistica fondata sul mercato, cambiare prospettiva e fare in modo che l’io Cagliaritano, diventi il noi del luogo comune dei linguaggi dell’arte Cagliaritani.
Mimmo Domenico Di Caterino