Ai familiari i sanitari avrebbero parlato genericamente di complicanze durante l’intervento, ma col passare delle ore in Procura, a Cagliari, si fa strada l’ipotesi che ad uccidere Davide Colizzi, 49 anni, sia stato un guasto del macchinario che deve garantire la circolazione extracorporea durante le operazioni a cuore aperto, nel suo caso alla valvola aortica. La svolta è arrivata con una lettera anonima inviata ai parenti.
Oggi l’autopsia eseguita d’urgenza sul paziente deceduto il 24 maggio, tre giorni dopo l’intervento avvenuto nella Cardiochirugia dell’ospedale Brotzu, non ha dato ancora le risposte alle domande richieste dalla sostituta procuratrice Rossana Allieri, che ha disposto il blocco della cremazione e mandato i Nas a prelevare le cartelle cliniche.
L’esame avrebbe chiarito che l’uomo è morto per un coagulo all’encefalo che l’avrebbe mandato in coma per tre giorni, ma per conoscerne la causa sarà necessaria l’analisi istologica. Questa mattina, la magistrata ha chiamato un team di medici dall’Università cattolica di Roma che, già un’ora dopo l’incarico formalizzato alle 13, ha iniziato l’autopsia andata avanti per tutto il pomeriggio. Con loro c’erano anche il consulente nominato dalla famiglia e quello indicato dalla difesa di Emiliano Maria Cirio, primario del reparto di Cardiochirurgia e a capo dell’equipe che ha effettuato l’intervento, iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di omicidio colposo. A convincere la famiglia Colizzi della necessità di rivolgersi alla Procura è stata una lettera anonima, scritta su carta intestata dell’ospedale Brotzu, nella quale veniva detto ai parenti che durante l’intervento ci sarebbe stato un guasto all’apparecchiatura.
Accompagnata dall’avvocato Piergiorgio Statzu, la moglie del 49enne è stata sentita dagli investigatori come persona informata sui fatti e ha raccontato che nessuno gli aveva mai parlato di un guasto. La pm Allieri ha inoltre disposto nuove acquisizioni: i carabinieri del Nas dovranno tornare al Brotzu per prelevare anche i documenti di un precedente intervento chirurgico su Colizzi, datato in febbraio, e che non sarebbe riuscito rendendo necessario il secondo, avvenuto il 21 maggio. Deciso anche il sequestro di una parte del macchinario utilizzato per la circolazione extracorporea che, con ogni probabilità, verrà periziato.
Leonardo Filippi, difensore del primario, aveva avanzato la richiesta di incidente probatorio: ovvero che il Gip nominasse un proprio perito perché l’esame sarebbe stato irripetibile. Vista l’urgenza, la pm ha però rigettato l’istanza chiedendo che l’autopsia venisse svolta in giornata. Ora bisognerà attendere i risultati degli esami di laboratorio eseguiti sui tessuti per chiarire le cause del decesso e stabilire se vi siano collegamenti con l’ipotesi di un guasto al macchinario della sala operatoria. I consulenti hanno 90 giorni per esprimersi.
Muore dopo intervento al cuore, è giallo: alla famiglia arriva lettera anonima