“I tentativi di suicidio non possono essere affrontati con interventi risolutori in extremis. Sono troppo alti i rischi che ne conseguono. Occorrono progetti multidisciplinari che coinvolgano tutti gli operatori realizzando una rete forte, attiva, motivata”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento al tentativo di suicidio verificatosi nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta la scorsa notte.
“E’ noto inoltre che per ogni tentativo di suicidio sventato venuto alla luce – osserva Caligaris – ce ne sono altri che non si conoscono. Occorre quindi interrogarsi su quali condizioni favoriscono le pratiche autolesionistiche all’interno di una struttura detentiva. Gli aspetti sono molteplici e non riguardano solo persone con gravi disturbi psichici. Per questo sono necessari progetti con più figure professionali. Sarebbe opportuno, oltre ai test psicologici che vengono somministrati per individuare le persone maggiormente a rischio, promuovere azioni concrete per migliorare la convivenza”.
“La prevenzione degli atti estremi di autolesionismo deve quindi contemplare attività culturali, ricreative, momenti produttivi e di riflessione ma anche risposte alle “domandine” o alle istanze in tempi ragionevolmente brevi. Il mancato o eccessivamente ritardato responso a un quesito attinente la sfera personale della persona privata della libertà – sottolinea la presidente di SDR – genera una pesante frustrazione. Significa per chi non si sente considerato vivere uno stato di umiliazione e inutilità”.
“La convivenza dentro un carcere non è facile e trovare soluzione ai problemi non sempre è possibile. Ecco perché diventa di fondamentale importanza il dialogo e la collaborazione tra le diverse figure professionali all’interno della struttura che, a loro volta, devono essere poste nella migliore condizione di operare per rafforzare la personale motivazione e poter attivare quella relazione con i detenuti che – conclude Caligaris – genera fiducia reciproca e possibilità di rendere l’esperienza penitenziaria meno afflittiva”.