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“Alle prossime regionali si voterà con la vecchia legge elettorale”. Il presidente dell’Assemblesa sarda, Gianfranco Ganau, prende atto del fatto che “non esistono le condizioni per portare avanti la modifica” che avrebbe dovuto riformare l’attuale normativa.

“Non credo che il Consiglio abbia tempo di elaborare altre proposte elettorali – ha chiarito Ganau – quindi si va ad elezioni con la legge vigente, con tutti i limiti che sono stati più volte segnalati e denunciati. Si è persa un’occasione per correggere una pessima legge”.

Nel pomeriggio, subito dopo la seduta dell’Aula, il presidente ha presentato alla conferenza dei capigruppo una ipotesi di modifica della statutaria, sia per l’elezione del capo della Giunta che dei componenti dell’Assemblea. Ma il capogruppo del Pds, Gianfranco Congiu, ha subito frenato, creando nuove fibrillazioni nel centrosinistra e azzerando di fatto la discussione.

“La legge elettorale non è una priorità”, ha detto prima di abbandonare la riunione in aperta polemica con gli alleati. L’opposizione ha cavalcato la frattura in seno alla maggioranza e si è defilata a sua volta. E’ stato il deputato di Fi Pietro Pittalis, capogruppo prossimo alle dimissioni, a spiegare la posizione del suo partito: “la legge elettorale attuale garantisce la governabilità e assicura una maggioranza certa all’interno del Consiglio regionale”. Eppure, ha replicato Ganau, “sino a pochi giorni fa si era detto disponibile alla modifica della legge, io ho avuto il mandato da tutti i capigruppo per formulare una proposta ampiamente condivisa, mi sono attenuto a questo mandato”.

Il testo che il presidente del Consiglio ha consegnato ai capigruppo si basava, ha spiegato lo stesso Ganau, “sulle osservazioni che sono state sempre fatte in termini di rappresentatività della legge e dalle modifiche imposte dalla magistratura con interpretazioni e disinterpretazioni che hanno caratterizzato l’entrata e l’uscita dall’Aula di numerosi consiglieri”. In particolare, “si configurava con un abbassamento delle soglie per le coalizioni dal 10 all’8% e quelle dei partiti e delle liste singole dal 5 al 3%”.

Questo per dare la possibilità di “riconoscere l’elezione del candidato presidente che superava la soglia dell’8%, così da evitare quanto successo con Michela Murgia, non eletta nel 2014 nonostante avesse superato il 10%”. Altra modifica prevista: “l’inserimento della soglia di sbarramento all’interno della coalizione fissata al 2% e la modifica del premio di maggioranza in conformità con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale sull’Italicum da portare dal 25 al 35%”.

Perché i capigruppo hanno cambiato idea? “Posso ipotizzare – ha risposto Ganau – che ci siano timori a metter mano alla legge elettorale per interpretazioni che potrebbero essere date da forze non presenti in Consiglio”. In ogni caso, stando così le cose, “anche nel 2019 è possibile che avremo tantissimi ricorsi”. “Il Consiglio – ha concluso Ganau – ha perso un’occasione per correggere una pessima legge”.