L’organizzazione politica Assemblea Permanente,ha annunciato un sit-in il 27 Marzo, per le ore 16.30, precisamente nella strada provinciale n.61, contro il nuovo parco eolico in via di realizzazione della società Green Energy Sardegna.
La protesta scaturisce dalle modalità con cui si è svolta la procedura di autorizzazione del nuovo parco e “le gravi e durature ripercussioni sul territorio, il paesaggio e l’economia locale”.
“La società Società Greeen Energy Sardegna, S.r.l, – spiegano in un comunicato – con determinazione n. 1887 del 27 Luglio 2017 è stata autorizzata dall’assessorato degli enti locali all’occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio, asservimento e l’occupazione temporanea non preordinata all’esproprio degli immobili occorrenti per l’esecuzione dei lavori di costruzione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte eolica sito nei Comuni di Villacidro e San Gavino Monreale. La potenza elettrica sarà pari a 43,05 MW di potenza nominale. Grazie al d.lgs. 387/2003 e dal T.U. 327/2001, la Green Energy Sardegna sta entrando in possesso dei terreni agricoli ove intende realizzare le sue opere. Lo fa senza consultazione e/o accordo previo con tutti i legittimi proprietari. Si chiama pubblica utilità. La parola magica con la quale oggi qualunque società privata, anche una S.r.l da poche migliaia di euro di capitale sociale, presentando un qualunque progetto di produzione elettrica da fonte rinnovabile (vera o presunta), in nome della strategicità dell’opera, può vedersi riconosciuto il diritto di individuare e occupare terre”.
È bene ricordare – continua la nota – la prima e più importante forma di democrazia: la partecipazione e il diritto legittimo delle comunità di essere coinvolte nei processi decisionali. Tale diritto è sancito dalla Convenzione di Aarhus e ratificata dall’Italia con legge 108/2001 sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, ma rimasta finora lettera morta. Oggi il territorio del Campidano, come altre vastissime aree del resto della Sardegna, si trova ad affrontare seri problemi di carattere ambientale, sanitario, sociale e occupazionale, derivanti da un processo di sfruttamento sconsiderato delle risorse ambientali, avvenuto con la corsa all’industrializzazione e seguita, a breve tempo, dalla delocalizzazione e conseguente chiusura progressiva e pressoché totale delle più importanti attività produttive e l’abbandono delle comunità al proprio destino. Finita l’epopea dell’industria, da qualche anno la nuova corsa all’oro è rappresentata dalle rinnovabili. Appare strano, per non dire anomalo, come la Sardegna non sia in grado di offrire lavoro e reddito ai propri abitanti ma garantisca redditi milionari a degli individui che non hanno neanche bisogno di mettere piede o permanere nel suo suolo”.
Eppure, già da diverso tempo voci autorevoli della tecnologia e dell’economia stanno mettendo in allerta sull’incapacità delle rinnovabili da sole di ridurre le emissioni in atmosfera e garantire benefici ambientali ed economici. E, non fossero sufficienti le numerose inchieste, sempre più apertamente cominciano a parlare di investimenti spropositati e ingiustificati. Se la vera priorità è ridurre le emissioni di gas serra e nel contempo generare benefici economici, è chiara la necessità di intervenire sulla riduzione delle emissioni, invece di puntare sulla produzione di nuovi impianti rinnovabili, investendo di più e meglio sul risparmio energetico, la razionalizzazione e l’ottimizzazione della distribuzione elettrica e dei consumi, la riduzione del danno all’ambiente. Contrapporre alla politica del consumo sfrenato il miglioramento della durata dei prodotti, il riuso, la riparabilità, la rifabbricazione e il riciclo di prodotti e materiali – che in sé contengono anche consumo di energia per essere trasformati e realizzati. Non possiamo pensare di aumentare in eterno i consumi e la quantità di materie prime in circolo. Non possiamo parlare di salvaguardare le risorse quando il pensiero è rivolto esclusivamente ad aumentarne lo sfruttamento. Attualmente possediamo conoscenza e tecnologie per garantirci prodotti e servizi impiegando una minima parte dell’energia e delle materie prime utilizzate. Con le tecnologie attuali potremmo eliminare la maggior parte degli usi impropri e degli sprechi, con enormi benefici di carattere economico e ambientale”.
I sussidi per la produzione energetica sono ingenti, per non dire ingiustificati. Consumo e spreco di quantità decisamente eccessive di materie prime ed energia stanno compromettendo l’equilibrio planetario. La Sardegna non è fuori da questo gioco scellerato, ma sta anzi fornendo il suo contributo sostanziale. La politica economica italiana e quella sarda sono subordinate agli interessi delle multinazionali e delle lobby del rinnovabile. Inoltre, non abbiamo bisogno di altro eolico in Sardegna, dal momento che le rinnovabili attualmente già installate da sole riuscirebbero a sopperire alle nostre necessità e invece non riusciamo neppure a sfruttarle adeguatamente poiché gestite male e senza nessun interesse concreto a renderle realmente alternative al fossile. È necessario – conclude – che tutte le organizzazioni politiche, comitati e associazioni e singoli cittadini che si battono per la difesa del territorio e dei diritti, si uniscano in questa che è una battaglia per i diritti e la salvaguardia nostra e della nostra terra. Non possiamo cedere ancora neanche un palmo della nostra terra. Non possiamo permettere che un simile oltraggio si perpetri su una terra già ferita. Tutti siamo chiamati alla lotta contro una nuova e più feroce invasione”.