Un’inchiesta della BBC, l’emittente pubblica britannica, ha rivelato che alcuni operatori che in Siria consegnano aiuti umanitari per conto delle Nazioni unite e di organizzazioni internazionali che hanno sfruttato sessualmente donne siriane, chiedendo loro prestazioni sessuali in cambio del cibo. Una notizia che non stupisce affatto, visto quanto è accaduto in altre parti del mondo per mano di altre organizzazioni “umanitarie”.  E’ solo dolore che si aggiunge ad altro dolore. Violenza che si mescola ad altra violenza.

Certamente, sia l’ONU che le ONG sono gli ultimi a poter dare lezioni sulla guerra in Siria.  Sia di moralità che di umanità. La grande nazione araba è diventata carne da macello per le grandi potenze e i professionisti degli aiuti umanitari. Ad ogni modo questo scandalo aiuta a comprendere meglio quello dell’informazione, che ha di nuovo vestito i panni del cane rabbioso pur di dare il morso finale (peraltro inutile) al “dittatore” Assad.

A proposito del bombardamento di Ghouta (con annessi attacchi chimici costruiti ad arte dai ribelli per incolpare il governo siriano e ampiamenti annunciati dalle autorità russe) non ho ancora sentito nessun media nazionale dire che quell’area è fondamentalmente nelle mani di 4 gruppi terroristici (Jayesh al Islam, Tahrir Alsham, Faylaq Al Rahman e Haraket Ahrar) che da anni lanciano missili contro Damasco dove vivono ben 8 milioni di persone.

Spiegatemi: quando in questi anni di guerra sono stati uccisi i bambini della capitale o delle zone sotto il controllo governativo dov’era l’indignazione pelosa (e stupida) del popolo dei social? E dove stava la corrispondente che da Istanbul oggi fa la portavoce dei ribelli e diffonde qualsiasi notizia provenga dal fantomatico Osservatorio Siriano con sede in Inghilterra la cui credibiltà è prossima allo zero.

Scrive Robert Fisk, un monumento del giornalismo mondiale: “La maggiore parte degli attacchi con autobombe a Damasco e il continuo bombardamento del centro della capitale negli scorsi anni, provenivano dalle forze ribelli della Ghouta, in particolare dal distretto di Douma”.

Ecco, in modo semplice si ha la ragione di questo spiegamento massiccio di forze militari siriane impegnate, costi quel che costi, a debellare quel cancro chiamato “Ghouta”. Da lì, da quel magma di forze jihadiste, è arrivata la morte di un numero impreciso di civili: se la Siria vuole rimanere in piedi deve vincere prima qui e poi nella provincia di Idlib, altra roccaforte jihadista in Siria. Non ci sono altre possibilità. Costi quel che costi, appunto.

E’ strategia militare, è guerra. Il fine, mai come in questa occasione, giustifica i mezzi. E’ ciò che pensano tutti nella capitale. E lo fanno non a cuor leggero. Del resto, debellare quei terroristi significa essere più sicuri anche a casa nostra, nella nostra placida Europa. Sono teroristi, non ribelli. Bisogna metterselo in testa una volta per tutte.

Mi ero riproposto di tacere, ben sapendo che lo sforzo di chi fa controinformazione è inutile per contrastare le menzogne messe in campo dal sistema mediatico nazionale e internazionale. Ma ciò che non accetto, per essermi occupato di questa guerra dal primo giorno, è che chiunque si senta libero di parlare di Siria senza sapere nulla di quanto accade in quel paese. Senza avere neanche l’idea di che cosa sia realmente questo conflitto.

E’ troppo facile postare le foto di bambini uccisi o feriti. Senza spiegare che cosa ci sia dietro a quelle violenze si rischia però solo di fare un’operazione di pura demagogia emotiva. Le stesse persone dopo tutto in questi anni non hanno postato una sola foto dei bambini dello Yemen dove si sta consumando una catastrofe umanitaria non diversa da quella siriana.

Ghouta Est è un serbatoio di terroristi, macellai da quattro soldi che tengono in scacco la popolazione, esattamente come è accaduto ad Aleppo, oggi finalmente città rinata e gioiosa: chiamarli ribelli fa a pugni con l’intelligenza e la coscienza di chiunque. Con la sola eccezione dell’ineffabile corrispondente da Istanbul che in questi anni non si è vergognata di farsi ritrarre insieme ai peggiori terroristi. Per questo è stata premiata dai vertici della sua azienda, mentre altri, ben più equilibrati e corretti, hanno ricevuto come ricompensa soltanto un calcio nel sedere.

Fonte: Spondasud

Siria, l’attacco a Ghuta nei sobborghi di Damasco: la storia vista da un’altra prospettiva