Durante la protesta hanno intonato una vecchia canzone dei Pooh. Ma hanno cambiato le parole: nel testo sono stati inseriti il Consiglio di Stato e la richiesta di giustizia per il loro futuro in classe, visto che il rischio è quello di perdere il posto stabile e dover ricominciare dal precariato. Sono gli insegnanti, per la maggior parte donne, spiazzati dalla ultima sentenza della plenaria del Consiglio di stato che nega ai docenti l’abilitazione che invece credevano di avere.
E che rischia, dopo anni passati in classe a firmare registri e scrutini, di estrometterli anche dalla graduatorie ad esaurimento. Il coordinamento diplomati magistrali abilitati – i docenti interessati alle conseguenze del provvedimento dei giudici in Sardegna sono circa 1.500 – ha concluso poco prima delle 19 il sit in indetto davanti alla sede dell’Ufficio scolastico regionale per l’ennesima protesta: c’erano circa cento insegnanti.
“Nulla è cambiato – spiega Silvia Mureddu, una delle portavoci – il Miur continua a barricarsi dietro questa richiesta da parte dell’Avvocatura di Stato di una corretta interpretazione della sentenza. Di fatto secondo noi è un blando tentativo di temporeggiare”. La battaglia non è finita: il 23 febbraio una delegazione di docenti sarà a Roma per la protesta nazionale. “Ci troviamo in un limbo senza sapere – ha continuato – cosa succederà non a giugno, ma anche dopo le elezioni”.(