Il “massimo della pena”, 20 anni di reclusione, con la privazione dei diritti civili e politici, per Salah Abdeslam l’unico terrorista sopravvissuto alla strage di Parigi. E’ la richiesta alla fine della requisitoria della procuratrice federale belga Kathleen Grosjean alla prima udienza del processo relativo alla sparatoria avvenuta alla rue du Dries una settimana prima della fine della sua latitanza, finita a Molenbeek pochi giorni prima degli attentati di Bruxelles del 22 marzo 2016.
Per Abdeslam e il suo complice Sofien Ayari è stata chiesta anche una “pena di sicurezza” di due terzi in virtù della nuova legge belga antiterrorismo, ossia che questa non possa essere scontata di più di un terzo e che quindi i due accusati non possano uscire di prigione prima di minimo 13 anni
“Quello che constato – ha detto Salah rifiutandosi di rispondere ai giudici – è che i musulmani sono trattati nel peggiore dei modi, non c’è presunzione d’innocenza”, ma “non ho paura di voi né dei vostri alleati, ho fiducia in Allah”. “Il mio silenzio non fa di me né un criminale né un colpevole, vorrei che ci si basasse su prove scientifiche, non fare dell’ostentazione come i media”.
Il “massimo della pena”, 20 anni di reclusione, con la privazione dei diritti civili e politici, per Salah Abdeslam e il suo complice Sofien Ayari. E’ la richiesta alla fine della requisitoria della procuratrice federale belga Kathleen Grosjean, chiedendo anche una “pena di sicurezza” di due terzi in virtù della nuova legge belga antiterrorismo, ossia che questa non possa essere scontata di più di un terzo e che quindi i due accusati non possano uscire di prigione prima di minimo 13 anni.Fu una “volontà omicida” e “premeditata” quella di Salah Abdeslam e degli altri due complici presenti nell’appartamento di rue du Dries a Forest, un “agguato” e non una difesa davanti alla polizia che stava per perquisire il ‘covo’. E anche se a tirare sulle forze dell’ordine, oltre a Mohamad Belkaid, deceduto nello scontro a fuoco, è stato solo Soufiane Ayari, Abdeslam ne è ugualmente “corresponsabile”. E’ quanto afferma la procuratrice federale belga nel ricostruire la sparatoria di marzo 2016 che precedette di qualche giorno la cattura del solo sopravvissuto del commando degli attacchi di Parigi. Prova, il lungo lasso di tempo trascorso da quando la polizia entrò nell’immobile e quando sfondò la porta dell’appartamento: i terroristi sarebbero già potuti fuggire, invece hanno aperto il fuoco sparando “colpo a colpo ad altezza uomo”, e questo “avanzando” anziché arretrando per proteggere la ritirata. “Hanno teso un agguato alla polizia”, “la loro intenzione era ben omicida”. E quindi poco importa chi ha sparato, “tutti e tre sono coautori dei fatti”.
L’uomo, da mesi detenuto in Francia in condizioni di massima sicurezza, è stato trasferito in segreto nella notte dal carcere di Fleury- Mérogis, alle porte di Parigi. Il suo avvocato, il belga Sven Mary, non ha rilasciato alcuna dichiarazione al suo arrivo in tribunale.
Sotto un imponente dispositivo di sicurezza con elicotteri che sorvegliano, Abdeslam, 28 anni, è arrivato nella sala del processo insieme a Soufien Ayari, il ‘terzo uomo’ in fuga dal covo di Forest il 15 marzo 2016, dove durante una perquisizione legata agli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 ebbe luogo una sparatoria con la polizia dove restò ucciso il ‘secondo uomo’ del gruppo che si nascondeva, Mohamed Belkaid.
Abdeslam fu poi catturato dalla polizia il venerdì 18 marzo 2016. Il 22 furono condotti gli attacchi terroristici a Bruxelles. Dentro la sala dell’udienza è vietato filmare e scattare foto, su richiesta dei due accusati. In discussione ci sono le pene massime a cui potranno essere sottoposti i due, da 20 a 40 anni di detenzione a seconda di quale legge verrà applicata dato che nel frattempo è stata modificata. Inoltre deve essere valutata la costituzione di parte civile dell’associazione delle vittime del 22 marzo degli attentati di Bruxelles.