La Giunta regionale sarda insiste per la realizzazione di un autentico “parco minestrone”, tanto esteso quanto ingestibile per la gestione dei gioielli ambientali dell’area vasta di Cagliari.
Dopo altre occasioni, stavolta è stato l’Assessore regionale della programmazione Raffaele Paci a parlarne in toni entusiasti durante la Giornata mondiale delle zone umide (2 febbraio 2018).
Come noto, la Giunta regionale sarda, con la deliberazione n. 32/2 del 31 maggio 2016, ha avviato, su richiesta dei Comuni interessati, un percorso istituzionale finalizzato all’istituzione di un unico parco naturale comprendente lo Stagno di Molentargius, le Saline, lo Stagno di Santa Gilla e la Sella del Diavolo.
La situazione è grave, ma non è seria, avrebbe detto il grande Ennio Flaiano.
L’abbiamo già detto, più volte, e lo ribadiamo: le intenzioni saranno pure le migliori, ma il programma sembra delineare un “parco minestrone”, dove buttar dentro tutto e il contrario di tutto e non combinare molto di buono per un’efficace salvaguardia del patrimonio naturale e storico-culturale di autentici gioielli del Mediterraneo.
Si tratta di aree naturalistiche con problematiche molto diverse fra loro, che necessitano di gestioni mirate e non di un carrozzone, come con elevata probabilità si manifesterebbe un simile consorzio di gestione.
Ennesimo sperpero di ingenti fondi pubblici, ben 4 milioni di euro.
Esclusi gli amministratori pubblici proponenti, non meraviglia che manifesti entusiasmo solo chi ha incarichi retribuiti da tempo immemorabile – quasi infeudazioni – grazie alle aree naturali protette, ma non vede discariche abusive, morìe di pesci, terre dei fuochi, vandalismi, abusivismo edilizio.
L’esempio dell’esistente parco naturale regionale “Molentargius-Saline” dovrebbe, infatti, far riflettere. Istituito fin dal 1999, dopo l’investimento di centinaia di milioni di euro di fondi pubblici, ancora si dibatte fra problemi gestionali da “a, b, c” delle aree naturali protette, come l’ordinaria vigilanza sulle zone di nidificazione dell’avifauna selvatica, la repressione dell’abusivismo edilizio, la lotta al vandalismo, il contrasto ai vari fenomeni di inquinamento, ai ripetuti incendi dolosi, fino al drammatico e impunito scenario da Terra dei Fuochi in salsa campidanese in quel di Quartu S. Elena.
La situazione della gestione ambientale dello Stagno di Santa Gilla è analogamente deficitaria: a fronte di centinaia di milioni di euro di fondi pubblici spesi a partire dagli anni ’80 del secolo scorso per effettuare il risanamento ambientale di discariche e scarichi abusivi di origine industriale, la zona umida è sostanzialmente in balìa del degrado. Perdurano discariche abusivee inquinamenti di origine industriale, basti pensare al disastro ambientale determinato dagli illeciti inquinamenti causati dagli impianti Fluorsid.
Proprio per le elevate caratteristiche naturalistiche lo Stagno è stato oggetto del progetto LIFE Natura “Gilia” (1996, con piano di gestione (1 dicembre 1998) e un finanziamento di ben 2.885.445,00 euro di fondi comunitari (regolamento LIFE) in favore del consorzio intercomunale fra Cagliari (capofila), Assemini, Elmas e Capoterra, appositamente costituito (1997).
Fra i vari interventi è stato realizzato un percorso naturalistico di visita dello Stagno di Capoterra. Lo stato del percorso è semplicemente desolante: le canne di protezione sono in gran parte divelte, le postazioni di ricezione e la recinzione sono state semi-distrutte, l’altana per l’avvistamento dell’avifauna è stata cannibalizzata, le auto percorrono gli argini senza alcun controllo, soprattutto argini e acque sono diventati luogo di scarichi illeciti di rifiuti di ogni genere. Nessuno cura la benché minima vigilanza.
Il consorzio intercomunale non è stato in grado di gestire nemmeno un “percorso natura” e dovrebbe gestire un intero parco naturale, anzi un parco naturale esteso sulle due zone umide fra le più importanti a livello internazionale (S. Gilla e Molentargius-Saline) più, tanto per gradire, un promontorio come la Sella del Diavolo?
La Sella del Diavolo, poi, ospitando ben due siti di importanza comunitaria (Torre del Poetto, codice ITB0422242 e Monte Sant’Elia, Cala Mosca e Cala Fighera, codice ITB0422243), è munita di unico piano di gestione dei S.I.C., approvato con decreto assessoriale n. 3 dell’11 febbraio 2011 e, sostanzialmente, per il mantenimento delle caratteristiche ambientali ha solo bisogno di vigilanza e di controllo sulla perdita di biodiversità (erosione, decespugliamenti) derivata dall’eccessiva percorrenza con mountain bike, più volte denunciata senza riscontro.
Per tutelare la Sella del Diavolo sarebbe ottimale istituire una riserva naturale regionale e affidarla in gestione direttamente al Comune di Cagliari. Una gestione più agile e potenzialmente efficace.
Il parco naturale regionale “Molentargius-Saline” dovrebbe rendere effettiva ed efficace la propria azione dotandosi del fondamentale piano del parco (tuttora in alto mare) e rendendolo effettivo, insieme al potenziamento della vigilanza sul territorio.
Lo Stagno di Santa Gilla dovrebbe vedere un percorso istitutivo di un parco naturale regionale più ponderato, partendo dal piano di gestione del S.I.C./Z.P.S.Stagno di Cagliari, Saline di Macchiareddu, Stagno di S. Gilla (ITB040023) già esistente (decreto assessoriale n. 71 del 30 luglio 2008).
La Giunta Pigliaru, ad alta densità di docenza universitaria, dovrebbe scender dalla cattedra e camminare un po’ nella realtà dei comuni mortali: non c’è bisogno di un “parco minestrone”, con l’ennesimo spreco di denaro pubblico, c’è bisogno di buon senso, c’è bisogno di seria ed efficace salvaguardia ambientale.
Quella che ancora oggi manca.
Gruppo d’Intervento Giuridico onluse Amici della Terra – Club di Cagliari