Il Tar della Sardegna ha respinto il ricorso dell’Aias contro la delibera dello scorso maggio con la quale si è disposta l’approvazione dei tetti di spesa per l’acquisizione da parte dell’Azienda Tutela Salute delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie delle strutture private accreditate per l’anno 2017 e l’approvazione degli schemi di tipo di contratto.
Gli avvocati della Regione, Sonia Sau e Alessandra Camba, e dell’Ats, Paola Trudu hanno sottolineato come “solo negli ultimi tre anni l’AIAS ha ricevuto circa 119.000.000 a titolo di corrispettivi per le prestazioni erogate per conto del SSR e, nonostante ciò, ha sistematicamente omesso il pagamento delle retribuzioni ai propri dipendenti, anche fino a 8 mensilità, con conseguenti azioni di protesta e manifestazioni che hanno avuto inevitabili riverberi sull’attività lavorativa”. La Regione ha evidenziato anche che, con le altre analoghe strutture, non si è verificata tale situazione, benché i pagamenti seguano le medesime tempistiche: ciò dimostra che “non è sostenibile che solo per AIAS le inadempienze con i dipendenti sarebbe inevitabile conseguenza dei presunti ritardi nei pagamenti dell’Amministrazione”. Le somme non pagate risalgono, principalmente, a pretese antecedenti, ritenute infondate (relative agli anni 1988- 1995 e, comunque, oggetto di contenzioso).
I giudici hanno accolto la tesi della Regione e confermato che “la correlazione tra i crediti degli anni ottanta/novanta – contestati dalla PA – e l’attuale situazione di inadempienza degli obblighi retributivi, non può sussistere e non si può ritenere che il mancato rispetto degli obblighi retributivi da parte di AIAS nei confronti dei propri dipendenti sia addebitabile a presunti ritardati pagamenti dei corrispettivi”. In merito alla tesi dell’Aias, secondo cui “la Regione non avrebbe competenza in ordine al rapporto privatistico tra l’associazione e i suoi dipendenti e non potrebbe quindi pretendere di inserire nei contratti conseguenze negative che non siano strettamente correlate al rispetto dell’impegno assunto dalla struttura sanitaria privata nei confronti di ATS e Regione”, per il Tar non risulta condivisibile. La Regione – scrivono i giudici amministrativi – “ha inserito le clausole contestate a tutela dell’interesse pubblico al corretto svolgimento di una prestazione da parte di dipendenti di una struttura accreditata. La qualità della prestazione resa trova uno specifico collegamento nell’esistenza di rapporti ordinati e corretti fra accreditato ed esecutore delle prestazioni suo dipendente. La cronicizzazione di inadempienze, nel pagamento degli stipendi, per periodi molto lunghi, assume un disvalore che non può essere ignorato”.
L’Amministrazione regionale, quindi, “è pienamente legittimata a pretendere che i contratti vengano sottoscritti e mantenuti con soggetti affidabili. Ogni circostanza che possa incidere sulla corretta erogazione dell’assistenza sanitaria legittima la Regione a prevedere rapidi e risolutivi rimedi (come previsto anche in altre regioni). Non vi è dubbio che le astensioni dal lavoro di centinaia di dipendenti addetti al servizio sanitario, per scioperi e manifestazioni conseguenti alla mancata, ripetuta, corresponsione delle retribuzioni, sia idonea ad incidere sul diritto alla salute. L’esasperazione di dipendenti che da molti mesi non percepiscono la retribuzione, può incidere sul sereno e corretto adempimento delle delicate prestazioni lavorative”.
Nel ritenere infondate le censure richiamate dall’Aias, il Tar ribadisce che “la delibera impugnata della Giunta ha previsto l’inserimento di tali clausole nei contratti da stipulare con gli erogatori privati di prestazioni in quanto è stato ritenuto opportuno e necessario, in considerazione della grave situazione venutasi a creare, un intervento a tutela dei lavoratori che non ottenevano da tempo il pagamento degli stipendi”.
Per quanto riguarda il ricorso da parte dei lavoratori all’art. 1676 del Codice Civile, il Tar ricorda che, in pendenza della procedura per la stipula dei nuovi contratti, “l’ATS ha avviato la procedura per il pagamento a favore di 22 dipendenti A.I.A.S. delle retribuzioni ad essi dovuti per un importo totale di euro 87.766. Il Consiglio di Stato si è già pronunciato su un ricorso dell’Aias che chiedeva alla Regione di regolamentare la possibilità di avvalersi dell’art. 1676 e ha riaffermato che “il Codice Civile attribuisce ai dipendenti dell’appaltatore un’azione diretta contro il committente per conseguire quanto dovuto in conseguenza della prestazione dell’attività svolta per l’esecuzione dell’opera o del servizio appaltato” e che “la norma si applica anche ai contratti di appalto stipulati con le pubbliche amministrazioni”. Viene quindi ribadita l’applicabilità del procedimento per il recupero dei crediti da parte dei dipendenti che non sono stati pagati. I giudici hanno respinto la tesi degli avvocati dell’Aias che collegavano omesso pagamento e prestazione del dipendente: “la richiesta del lavoratore colpisce il credito AIAS-ATS per ottenere la quota direttamente necessaria al fine di conseguire il pagamento dei propri stipendi, con piena ammissibilità della procedura ex 1676 c.c. Corretta è la decisione di ATS di disporre, in questa situazione di perduranti inadempimenti di AIAS nel pagamento dei dipendenti, attenta verifica in ordine al mantenimento dei requisiti organizzativi, della consistenza della dotazione organica e comunque del rispetto dei parametri previsti nel contratto”.
“Siamo soddisfatti, il Tar ha confermato la bontà delle azioni portate avanti dall’assessorato, dalla Giunta e dall’Ats”. Commenta così l’assessore della Sanità, Luigi Arru, che aggiunge. “I giudici hanno ribadito quanto sosteniamo da anni: i lavoratori devono essere retribuiti e non può essere usato come alibi per la mancata corresponsione degli stipendi l’eventuale ritardo da parte della P.A. Ritardo che, è stato confermato, non c’è, visto che l’Ats sta pagando le fatture con regolarità”.