Se sono cambiato, sono cambiato in meglio: dopo lo stress prima della pubblicazione, mi sono lasciato andare: avevo finalmente un modo per essere me stesso e farmi conoscere all’Italia. È stato strano per me vivere emozioni come essere il più giovane autore alla fiera di Torino e alla Buchmesse di Francoforte, il più giovane scrittore sardo, essere intervistato da Licia Colò e adesso, a febbraio, da Maurizio Costanzo su Rai 1. Forse è cambiato il Matteo di fuori, la mia immagine pubblica, per il semplice fatto che l’hanno conosciuta in molti. Ma il Matteo generoso, appiccicoso e un pochino logorroico c’è sempre, chi mi conosce lo sa bene!
– E lo conosciamo eccome. Allora diamogli spazio e cominciamo da una domanda che mi piace sempre fare quando parlo con un artista, un creatore di sogni. Come nasce il tuo sogno, The Mission? In che luogo, momento, situazione, stato d’animo?
L’idea nasce oramai cinque anni fa, mi prende la voglia di raccontare qualcosa che mi girava in mente da parecchio. Coperta sui piedi, mente indaffarata, insoddisfazione personale. La mia camera diventò di colpo una macchina da scrivere. Creai un mondo che non pensavo neanche di avere in mente. Tutto da una tastiera e da qualche appunto preso alla rinfusa.
– C’è una parte di The Mission a cui sei più legato?
Domanda da un milione di lire: forse lo sfogo della Morte quando strappa via una vita. Il racconto di tutto quello che vede quando lavora, passeggiando, fischiettando le quattro note che aprono il romanzo. La sua disperazione nel fare un lavoro che lo fa soffrire per la prima volta. Le immagini che coglie dalle anime. È un viaggio introspettivo molto toccante e io stesso ho pianto rileggendolo.
– Come mai la scelta di chiamarlo così, questo titolo così intrigante e che poi porta a pensare a mille possibili rivoli e strade?
The mission è una scommessa, un titolo in inglese in un mercato dove se ne vedono pochi. E, ovviamente, ha un significato: rievoca una delle chiavi di lettura del romanzo, che ognuno di noi ha una mission, uno scopo da perseguire e da portare a termine. Un medico, un’infermiera, una mamma, un papà, una vita. L’altra chiave di lettura si orienta su verità o bugia, sull’illusione che avvolge quattro bambini, come un teatrino basato sulla loro ingenuità, o presunta tale. Quando inizieranno a crearsi le prime crepe il sipario cadrà da sè, lasciandoli soli davanti alla cruda realtà.
– In questi mesi abbiamo visto che hai girato tanto, incontri, viaggi, presentazioni. Cosa ti è restato di questo viaggiare per presentare e incontrare persone?
Tantissimo. Ne ho incontrati a centinaia, di lettori, decine mi hanno chiesto una dedica, una foto. A volte mi fermano anche per strada. E mi sento in dovere di ringraziarli perché senza di loro non ci sarebbe nessun The mission, nessun altro romanzo. Loro hanno voluto scommettere sulla storia scritta da un ragazzino. E il fatto che li abbia commossi ed emozionati è la più grande delle vittorie. Giri tanto, nel tour, ma se c’è una tappa che mi è rimasta nel cuore è quella di Cagliari. Mi è rimasto un mondo meraviglioso fatto di sguardi ed emozioni, a volte la gente tremava quando mi si avvicinava e non me ne sono mai capacitato!
– Hai mai pensato a chi sia il lettore-tipo del tuo libro? e quale invece potrebbe non capirlo?
Chiunque può capirlo, chiunque può fraintenderlo. Dipende dal bagaglio delle emozioni del lettore che tu autore ti limiti a immaginare, ma non potrai mai saperlo. Il lettore tipo di The mission l’ho sempre visto come un cinquantacinquenne con moglie e due figli, che sa quanto siano importanti certi valori. Potrebbe essere diffidente dal libro chi non ha mai provato a scoprirsi e scoprire quello che lo circonda o chi rigetta l’argomento.
– Buoni pensieri, buone pratiche, sfide e piccoli gesti, nel tuo libro hai voluto riassumere delicatezza e coraggio, ma ci sono parti che fanno proprio commuovere: quanto c’è di tua esperienza reale e quanto hai dato spazio alla tua immaginazione?
Vita reale? Poco se non niente. È tutto un prodotto della fantasia. Tendo sempre a far commuovere, mi ritengo molto attento su questo: un libro deve sempre emozionare, trasmettere qualcosa che ti spinge ad arrivare fino all’ultima pagina. La gioia più grande è sapere che la gente si commuove e che quindi sei riuscito nel tuo intento.
– Guardiamo il futuro, la domanda è scontata, quali sono prossimi progetti?
Un nuovo romanzo, “Quando sarai grande”, che uscirà quest’anno e parlerà del rapporto padre-figlio, una gran bella sfida come autore. Non è un argomento originale, quindi l’ho dovuto caratterizzare parecchio. Sorprenderà molto! Il 19 febbraio sarò ospite da Maurizio Costanzo su “S’è fatta notte” su Rai Uno. E potrebbero esserci sorprese anche su The mission!
– E infine, un altro classico delle interviste, come va la vita di Matteo oltre a The Mission?
Anche se può sembrare il contrario, come sempre, monotona e metodica. Rimpiango sempre il fatto di non avere una compagna, ma ho la fortuna di avere Eleonora, migliore amica e compagna di banco, che mi sopporta. Editore, come Alessandro Cocco, che diventa un grande compagno di avventure oltre che un ottimo amico. Una marea di persone che mi stanno vicine, prof inclusi. Ma la sveglia suona sempre alle sette e un quarto e il letto sembra sempre soffice come seta. E la voglia di alzarsi no, non c’è proprio!