Ci ha lasciato un ultimo documento politico prima di morire Vincenzo Pillai, il professore-attivista sempre in prima fila nei cortei e nei sit-in nell’Isola, scomparso pochi giorni fa all’età di 75 anni. Pillai ha sempre fatto sentire la propria voce contro le servitù militari, il nucleare in Sardegna e tante altre mille battaglie. L’ultimo testo, lo ha annunciato l’attivista Antonio Muscas, è stato scritto da Pillai pochi giorni prima di morire: Muscas infatti aveva chiesto al professore un documento da portare al secondo incontro nazionale di ‘Potere al Popolo’. “È giusto rendere pubbliche le sue parole in ricordo suo e per dovere riguardo a questo nuovo processo politico che si sta avviando in Italia e in Sardegna”.
“Il 17 Dicembre – scrive Muscas – la mia compagna Alessia ed io siamo partiti a Roma per partecipare al secondo incontro nazionale di Potere al Popolo. La sera prima ci siamo sentiti con Vincenzo, col quale stavamo seguendo da vicino gli eventi. Gli avevo chiesto il favore di occuparsi lui di elaborare un testo da portare all’assemblea. Ero stato impegnato in altri appuntamenti e non avevo la lucidità per produrne uno sintetico ma con le dovute precisazioni. Vincenzo, non me l’aveva garantito, non era ancora ritornato in forma, ma la notte ci aveva lavorato su e me l’aveva inviato, lasciandoci liberi di apportare le correzioni ove l’avessimo ritenuto opportuno. Non abbiamo dovuto cambiare una virgola: quel testo rappresentava bene la nostra posizione, la sua e quella mia e di Alessia. Era difficile, d’altronde, non ritrovarci. Al più era lui che doveva correggere i nostri testi quando eravamo noi a elaborarli per presentarli in comune. Le nostre divergenze, quando c’erano, erano più sui metodi che non sui contenuti e gli obiettivi”.
“Dopo l’incontro – scrive ancora Muscas – abbiamo continuato a sentirci per telefono, per le dovute considerazioni e riflessioni, fino alla notte del 20 dicembre, quando mi ha anche ripreso perché mi trattenevo al telefono a dire cose sulle quali la pensava allo stesso modo: “Certo che è così! Perché me lo dici?”. Poco prima mi aveva detto di essere stato nuovamente male la notte precedente. E ora come stai, Vincenzo? “Non bene, ma non capiscono cosa sia”. Ma i medici cosa sospettano? “Non lo sanno, ma ora è inutile parlarne al telefono. Ci sentiamo domani per ulteriori novità”.
Questo documento l’ho inviato ai ragazzi di Potere al Popolo. È uno degli ultimi testi di Vincenzo, se non l’ultimo. Non avevo neanche pensato di averlo solo io. Ora, mentre mi accingo a raccogliere i pezzi, vorrei renderlo pubblico, a ricordo suo e per dovere riguardo a questo nuovo processo politico che si sta avviando in Italia e in Sardegna.
Con il personale impegno e il sincero auspicio di farne buon uso e proseguire efficacemente nel percorso tracciato da lui e tanti altri come lui di “buona intenzione di rivolta e liberazione”.
Il testo integrale di Vincenzo Pillai:
Poiché condivido il manifesto che ha convocato questa riunione, posso essere breve.
Nel manifesto è scritto anche che dobbiamo schierarci per l’autodeterminazione di tutti i popoli.
Vi parlo come militante sardo di movimenti che mettono in discussione il potere dello Stato e, tramite esso, delle multinazionali di decidere l’utilizzo della Sardegna. Il processo storico di formazione e di sviluppo dello Stato italiano ha posto la Sardegna nel ruolo di colonia interna con tutto ciò che ne consegue sul piano economico e culturale. Ciò non solo ha fatto della Sardegna una grande base militare in mezzo al mediterraneo e un terreno di sperimentazione di un distorto uso delle stesse fonti rinnovabili di energia, ma ha indotto attraverso il taglio della lingua e una politica assistenzialistica un processo di auto-colonizzazione.
E’ mio dovere dire, dunque, che non tutti i sardi condividono questa analisi, altrimenti il problema che pongo non ci sarebbe. E penso che neanche tutti gli aderenti a Potere al Popolo la condividano, se non altro perché sconosciuta o poco discussa. Per questo non chiedo che faccia parte del documento politico, del programma, ma è la premessa che io ho bisogno di fare per chiedere che ritengo necessario che diventi obbiettivo di tutti noi la necessità che le nazioni interne allo Stato, che si sentono tali, abbiamo il diritto di pronunciarsi contro il centralismo statale per forme di federalismo che facilitino la fuoriuscita dal colonialismo e l’assunzione di responsabilità sul proprio destino.
Io non so cosa decideranno i sardi e non è qui che dobbiamo definire il risultato di un percorso da avviare, ma so che qui dovremmo dire con chiarezza che il centralismo statale ha distrutto, e non solo in Sardegna, possibilità di sviluppo sull’altare di interessi che nulla avevano a che fare con quelli delle popolazioni.
La lotta al neoliberismo posta al centro del programma, per l’abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e della distruzione della natura è per noi sardi anche lotta contro ogni forma di colonialismo e vorrei che la nostra lotta contro il colonialismo venga considerata parte integrante della lotta che tutti noi conduciamo, ovunque.
Ne consegue, per coerenza, che le forme di organizzazione nostra che stiamo costruendo devono evitare ogni forma di quel centralismo che favorisce la proliferazione di autoritarismo, maschilismo e burocratismo in grado di distruggere qualunque buona intenzione di rivolta e liberazione.
Vincenzo Pillai – professore, attivista.