Quando si arriva tardi in aeroporto e l’imbarco sul volo prenotato è ormai chiuso, anche se l’aereo non è ancora decollato, è inutile inveire e strattonare la hostess al check-in cercando di forzare le procedure e dando in escandescenze per tentare di salire a bordo. Il risultato è solo quello di prendersi una condanna per tentata violenza privata, e rimanere a terra lo stesso, guardati a vista dalla polizia. Lo sottolinea la Cassazione che ha confermato tre mesi di reclusione, con pena sospesa ma senza la concessione delle attenuanti generiche, nei confronti di Loredana S., 55 anni, originaria di Sassari, che era arrivata tardi all’aeroporto di Reggio Calabria per volare fino a Roma.
Senza successo, l’imputata ha tentato di convincere i supremi giudici sostenendo che la sua non era stata una reazione violenta ma solo uno sbotto di “rabbia” e “frustrazione” con il quale non voleva costringere la hostess “ad accettarla sul volo”. Per la Cassazione, infatti, “non vi è dubbio che la condotta aggressiva posta in essere dall’imputata non abbia la connotazione di un mero gesto di frustrazione per la notizia che le era stata data: la reazione istintiva è stata quella di sbattere i pugni sul tavolo e inveire”, per poi aggredire la hostess “strattonandola” e dicendole “perentoriamente che lei comunque doveva partire”. In primo grado, Loredana – non nuova a episodi del genere – era stata condannata anche per percosse, ma in assenza di querela, la Corte di Appello di Reggio Calabria, nel luglio 2016, le aveva ridotto la pena a tre mesi per tentata violenza privata. Ora la sentenza 56317 ha chiuso la vicenda.