Salutiamo con soddisfazione il grande successo elettorale delle forze autonomiste corse, un esempio al quale guardare per organizzare una costruttiva alternativa di governo anche in Sardegna.
La proposta del fronte unico “Pè à Corsica”, premiato domenica scorsa dagli elettori, ha potuto beneficiare di anni di atti concreti e scelte coraggiose, di assoluta rottura.
Il progetto è arrivato alla prova del governo negando ogni collaborazione e alleanza con i movimenti francesi, mettendo da parte gruppetti, personalismi e false divisioni ideologiche, governando nell’interesse del popolo e non strizzando l’occhio alle clientele e alle carriere personali.
Questa è la stessa strada che anche noi indichiamo da tempo per la Sardegna, senza deroghe, con serietà, senza cedimenti.
Ci siamo per questo costituiti e presentati lanciando un appello di dialogo a tutti i sardi che si riconoscono in valori democratici, ispirati alla solidarietà, al buon governo, alla coesione sociale, all’accoglienza, alle buone pratiche.
Non basta essere sardi, certamente, per cambiare il verso a una gestione della cosa pubblica che non funziona e crea disparità sociali.
È questo che vogliamo chiarire a proposito del dibattito in corso a proposito dell’unità del mondo che guarda ai valori dell’autodeterminazione, del sovranismo e dell’indipendentismo.
Un’unità che noi auspichiamo e che, anche con l’esempio di semplificazione che per primi abbiamo dato, vogliamo favorire.
Ma senza perdere di vista i valori democratici legati al perimetro di valori già indicato e la necessaria discontinuità col passato.
Seguendo l’esempio degli amici corsi, crediamo che le basi minime siano quelle già indicate.
Anzitutto nessuna alleanza con i partiti italiani. Non certo per questioni etniche o per rinchiuderci in noi stessi, ma per far emergere una classe dirigente e valori nuovi, che nei 25 anni di alternanza di governo tra centrodestra e centrosinistra italiane non sono mai emersi. Perché dovrebbe essere diverso dal 2019 in poi?
Ancora, la discontinuità. Basta essere sardi e dire di essere alternativi ai partiti italiani per poter pensare a un progetto di governo comune, che sia virtuoso e credibile?
Noi crediamo sia anzitutto necessario riconoscere i gravi errori e le inadempienze che in questa legislatura sono da mettere in capo alla Giunta Pigliaru-Paci: dai ricorsi ritirati sulle Entrate alla vicenda accantonamenti, dalla miriade di mutui accesi e lasciati in eredità alle Giunte che verranno alla sciagurata riforma della rete ospedaliera, dal mancato contrasto ai fenomeni (in aumento) dell’emigrazione dei nostri giovani e dello spopolamento delle zone interne, agli arruffati provvedimenti-tampone per il mondo delle campagne e alla dannosa decisione di realizzare un mega-inceneritore di rifiuti a Macomer, dalla mancata riforma del funzionamento della macchina-Regione al rapporto per troppo tempo succube nei confronti del governo italiano, sfociato nello scellerato endorsement del presidente Pigliaru al Sì nel referendum sulle riforme costituzionali del 4 dicembre 2016.
Noi crediamo che, nel rispetto di questi presupposti, ci sia in Sardegna lo spazio per costruire un ampio fronte per l’autodeterminazione.
Siamo pronti a parlarne con tutti, senza veti personalistici, senza leaderismi, disponibili a mettere a disposizione di una piattaforma comune il nostro entusiasmo e il nostro patrimonio di idee, felici di poter essere a nostra volta contagiati dall’esperienza e dai progetti di altri soggetti disponibili a credere in un futuro migliore per la nostra Isola.
Coltiviamo, dunque, la speranza che questo nostro appello possa essere raccolto da tutti gli altri soggetti della vasta area politica a cui è rivolto: lasciamo da parte inimicizie e incomprensioni (e anche le pur lecite ambizioni personali) e diamo alla Sardegna un’alternativa di governo credibile e autorevole.
Anthony Muroni, portavoce