Violenza di genere e potere. Il legame è chiaro: più sono le donne che occupano gli scranni di assemblee rappresentative, più saranno le politiche antidiscriminatorie messe in campo. C’è voluto il Parlamento più rosa della storia per approvare una legge sul femminicidio. E le aspettative sono alte anche in Sardegna, dove pochi giorni fa il Consiglio regionale ha introdotto la doppia preferenza di genere nella legge elettorale.
“Ripartiamo da qui”, dice Daniela Forma (Pd), una delle quattro consigliere dell’Assemblea sarda. Alla base della violenza di genere, spiega, “c’è quasi sempre un’atavica dinamica di potere”. Ovvero, “l’uomo cerca di ribadire sulla donna la propria supremazia, che può sfociare nell’atto violento”. “L’Assemblea è anche un luogo di potere – sottolinea la consigliera dem – e allora interroghiamoci qui sulle sue dinamiche sociali”. Così, il provvedimento varato martedì è fondamentale, “un eccezionale passo in avanti nella lotta alla discriminazione, vero substrato culturale della violenza di genere”.
Ancora più significativo perché il via libera arriva a pochi giorni dal 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. “E’ vero – ammette Caterina Pes, deputata Pd – il rapporto è evidente perché le politiche di genere aumentano dove siamo più rappresentate”. Lo dimostrano i fatti. “In un Parlamento con il trenta per cento di donne siamo riusciti a fare una legge sul femminicidio e abbiamo ratificato la convenzione di Istanbul – ricorda la parlamentare sarda – mai come in questi cinque anni sono state messe in campo tante politiche di genere”. “Abbiamo una sensibilità differente”, interviene Alessandra Zedda, vicecapogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale. Con la deputata dem Alessandra Moretti e il proprietario delle tonnare di Carloforte, Pier Greco, la consigliera azzurra è cofondatrice di “Divieto di femminicidio”, associazione nata in Sardegna per “rendere la donna libera economicamente”.
A dicembre la consigliera depositerà la proposta di legge sul “reddito di libertà”, che mira a incidere su una serie di aspetti non contemplati dalla normativa vigente. “La mancanza dell’autosufficienza economica è uno dei motivi per cui è difficile allontanarsi dalla casa in cui si subiscono i soprusi”, spiega. Come aiutare le donne a diventare autosufficienti? “Attraverso l’istituzione di protocolli tra imprese e istituzioni per favorire l’inserimento nelle aziende delle vittime”, risponde Zedda. Una parte importante sarà dedicata alla prevenzione: “puntando sull’educazione all’affettività da attuare fin dalla scuola materna”. Anche i comportamenti della vittima sono importanti, in certi casi da correggere se questo significa tutelarla.
“La legge prevede i modi per tenere lontani i carnefici dalle vittime, ma non le vittime dai carnefici – argomenta la consigliera di Forza Italia – e spesso per la donna è fatale cedere alla richiesta dell’uomo di un ultimo incontro, a volte necessario anche per questioni pratiche che possono riguardare i figli”. “Ecco – riprende Zedda – noi dobbiamo impedire che questo avvenga, anche promuovendo servizi di assistenza pubblica ad hoc destinati all’adempimento di tali incombenze al posto delle vittime”.