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La Giunta ha approvato la direttiva per agevolare le modifiche di destinazione d’uso delle unità immobiliari presenti all’interno del tessuto edilizio consolidato.

La delibera presentata dall’assessore dell’Urbanistica Cristiano Erriu, consente la piena applicabilità della legge regionale 11/2017, individuando anche i dati dimensionali relativi ai servizi strettamente connessi alla residenza.

“Tra le finalità di questo provvedimento – spiega l’assessore Erriu – quella di favorire l’utilizzo di un patrimonio spesso ostacolato da procedure burocratiche complesse, anche nei casi in cui il cambio di destinazione non costituisce una particolare criticità. Salvo esplicite esclusioni previste nella regolamentazione tecnica di attuazione comunale – osserva – diventa ora possibile mutare la destinazione d’uso di ogni singola unità immobiliare all’interno della stessa categoria funzionale urbanisticamente rilevante, con una semplice comunicazione allo Sportello unico per le attività produttive e l’edilizia. Nei casi, invece, di modifica di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante ad un’altra, dovendosi verificare la compatibilità della modifica con la destinazione di zona urbanistica e con le dotazioni di standard urbanistici, sarà necessaria una segnalazione certificata di inizio attività”.

Si va quindi, spiega Erriu, “nella direzione di un più razionale impiego del patrimonio immobiliare esistente, sia per la riduzione di nuovo consumo di suolo che di rivitalizzazione dei centri urbani, assecondandone le dinamiche evolutive. In particolare, all’interno della categoria funzionale residenziale sono stati inseriti anche i cosiddetti servizi strettamente connessi alla residenza, che non vanno confusi con i servizi e gli spazi pubblici, i quali non vengono messi in discussione da questo provvedimento, e la cui dotazione deve essere garantita, nel rispetto delle vigenti disposizioni, in sede di pianificazione”.

Gli edifici e le aree interessate sono quelle presenti nelle zone urbanistiche omogenee A, B e C e all’interno dei centri rurali, destinati a studi professionali, attività commerciali, artigianali, turistico-ricettive, di ristorazione, socio-sanitarie e uffici in genere, attività, in pratica, di iniziativa privata e di cui si è dimostrata impossibile una rigida pianificazione.