“L’8 maggio 2015, mentre ero a casa a consolare mia sorella per la scomparsa del figlio Stefano, qualcuno mi disse che Roberto Pinna, il padre di Paolo Enrico, mi stava cercando. Andai a casa loro: Paolo aveva gli occhi rossi di chi non ha dormito tutta la notte, Roberto aveva qualche lacrima sul viso, non erano sereni nascondevano qualcosa”: così Roberto Dore, zio di Stefano Masala, il 29enne di Nule scomparso la sera del 7 maggio 2015 e mai più ritrovato, nel processo in Corte d’assise a Nuoro a carico di Alberto Cubeddu, oggi presente in aula, il 21enne di Ozieri accusato dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere di Masala e dell’assassinio, la mattina successiva, dello studente 19enne di Orune Gianluca Monni.
Già condannato a 20 anni per i due delitti il cugino di Cubeddu, Paolo Enrico Pinna, minorenne all’epoca dei fatti. Secondo la Procura, i due cugini avrebbero ucciso Masala dopo averlo attirato in una trappola per portargli via l’auto di suo padre e andare ad Orune per uccidere Monni: lo scopo era di far ricadere le colpe su di lui. La deposizione di Dore è stata accompagnata da un momento di bagarre quando dal pubblico Roberto Pinna ha cercato di smentirlo, gridando: “Tu sei venuto solo tre giorni dopo a casa mia e non l’8 maggio”, provocando così la reazione del presidente della Corte, Giorgio Cannas, che ha invitato i carabinieri ad accompagnare l’uomo fuori dall’aula. “Già in tarda mattinata a Nule lo sapevano anche le pietre cosa era successo”, ha aggiunto lo zio di Stefano rievocando quei drammatici momenti a casa di Paolo Enrico Pinna.
In mattinata c’è stata anche la seconda parte della deposizione del padre di Stefano, Marco Masala, che ha fatto l’ennesimo appello davanti alla Corte: “Ditemi dove è stato occultato il cadavere di mio figlio”. Tensione poi per la testimonianza di Francesca Zoroddu: la donna ha smentito un suo verbale del 2015 e in cui diceva di aver visto la sera del 7 maggio Stefano alla guida della Opel e di aver notato scendere dall’auto un ragazzo. Il Pm ha chiesto di trasmettere gli atti alla Procura e di mettere sotto accusa la donna per falsa testimonianza.