Il lavoro per combattere l’esclusione. Una ricetta che può valere anche per i 1.400 Rom che in Sardegna sono divisi fra tredici Comuni.

Programmi personalizzati per favorire, anche con l’accesso ai finanziamenti, l’avvio di un’attività imprenditoriale. Ma anche sostegno alle assunzioni, magari con degli sgravi fiscali. Un appello alle istituzioni per incoraggiare forme di collocamento professionale. Anche temporaneo come stage o lavoro socialmente utile. Sono alcuni degli interventi per aiutare l’integrazione della popolazione Rom.

Per superare le barriere che fermano inclusione e integrazione si è riunita mezza Europa: Spagna, Grecia, Portogallo, Slovenia, Malta, Italia, Romania, Bulgaria e Regno Unito. Da questi nove Paesi arrivano i partner del progetto Working Roma finanziato dall’Unione Europea: due anni di incontri, seminari, laboratori. E oggi a Cagliari è partita la conferenza finale con la presentazione di un manifesto per provare a trovare una soluzione – anche attraverso il lavoro – contro l’emarginazione. Per la Sardegna in campo l’Anci, l’associazione nazionale dei Comuni.

“La strategia vincente – ha detto Daniela Sitzia dell’Anci – è quella del lavoro in rete che condivida non solo risorse ma anche saperi. Abbiamo ancora i campi Rom che non rispondono al riconoscimento della dignità umana. Le direttive europee dicono che nel 2020 i campi rom debbano essere superati da altre forme di accoglienza e integrazione”.

Il manifesto di Working Roma sarà consegnato alla Commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo. La lotta alla discriminazione passa anche attraverso altri canali: campagne di sensibilizzazione per una maggiore divulgazione di messaggi positivi contro i pregiudizi. Ma anche partendo dalle esigenze base come istruzione e casa. Sul primo punto la proposta principale è quella di garantire un’adeguata offerta di formazione di qualità per contrastare il significativo abbandono precoce degli studi. Il manifesto chiede di favorire programmi per le ristrutturazione di immobili dismessi con piano abitativi all’interno delle comunità locali e non in spiazzi in periferia lontani da tutti.