“Vogliamo pari opportunità e pari diritti di cittadinanza con tutti gli altri cittadini italiani per poter essere finalmente messi in condizione di dimostrare quanto valiamo”. Lo dicono con forza i sindaci sardi, sinora 173 su 377, che hanno deciso di aderire alla campagna referendaria per l’inserimento del principio di insularità in Costituzione. Ognuno a modo suo, portando la testimonianza dal proprio territorio di provenienza sul gap che ciascuno è costretto a pagare per il semplice fatto che la Sardegna è circondata dal mare.
“Provengo dal Sulcis, una delle province più povere d’Italia, se non la più povera – spiega la sindaca di Buggerru, Laura Capelli – i problemi che ci affliggono sono tre e hanno a che fare con la continuità territoriale, il costo dell’energia che porta le industrie a chiudere, la sanità, perché spesso noi sardi siamo costretti a spostarci per curarci e il costo è elevato”. Per il sindaco di Uta, Giacomo Porcu, “questa è un’occasione unica per venire incontro a una completa realizzazione sociale dei cittadini, e per affrontare con serietà un problema come lo spopolamento”.
Sono queste, secondo il presidente del Comitato promotore del referendum, Roberto Frongia, “le voci dei sindaci e dei cittadini sardi, serve un loro referendum che spazzi via come il maestrale qualsiasi prudenza e resistenza della classe dirigente e della politica che forse ancora vorrebbero continuare a chiedere aiuti ed elemosine allo Stato”.