“Stefano la sera del 7 maggio 2015 è uscito per andare al bar Planet, in centro. Qui ha ricevuto la telefonata di Paolo Enrico Pinna, ha quindi salutato il proprietario e un amico e a tutti e due ha detto che stava andando a casa di Pinna”.
Così Valentina, 36 anni, sorella di Stefano Masala, il 29 enne di Nule scomparso la sera del 7 maggio 2015 e mai tornato a casa, ha ricostruito le ultime ore di vita del giovane davanti alla Corte d’assise di Nuoro.
Alla sbarra con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere, Alberto Cubeddu, 21 anni, di Ozieri: il suo complice, il cugino Paolo Enrico Pinna, all’epoca dei fatti minorenne, è già stato condannato a 20 anni. Ai due viene contestato anche l’assassinio dello studente di Orune Gianluca Monni, ucciso la mattina successiva alla sparizione di Stefano Masala. Due delitti per una offesa – questa la ricostruzione degli inquirenti – che Gianluca ha rivolto a Paolo Enrico Pinna durante una festa di paese, Cortes Apertas, nel dicembre 2014.
Pinna aveva importunato la fidanzata di Monni e per questo era stato picchiato e disarmato di una pistola dallo studente di Orune e da un gruppo di suoi amici. Stefano Masala entra nella vicenda perchè i due cugini avrebbero voluto far ricadere su di lui la colpa dell’omicidio di Gianluca. Dopo averlo attirato in una trappola, lo avrebbero ucciso facendo sparire il corpo, e con la sua auto l’indomani hanno raggiunto Orune e ucciso lo studente. “Stefano ci aveva raccontato dell’episodio di Cortes Apertas, dove era andato insieme a Paolo Pinna – ha ricostruito la sorella in aula – Ci ha parlato del fatto che Paolo ha iniziato a importunare una ragazza e che lui stesso ha cercato di fermarlo. Poi ha raccontato della rissa e del fatto che Pinna era stato disarmato e picchiato dai ragazzi di Orune. E ha aggiunto che se avesse saputo che Paolo era armato non lo avrebbe mai portato a Orune con la sua macchina”.