Commissariamento, Repubblica, elezioni: la Catalogna ribelle è di fronte ad un nuovo delicato bivio nell’infinita crisi dell’indipendenza, che ora può farsi più dura. Oggi alle 10 scade l’ultimatum del premier spagnolo Mariano Rajoy al President Carles Puigdemont, che deve chiarire con un ‘sì’ o con un ‘no’, se ha dichiarato l’indipendenza il 10 ottobre. Rajoy ha avvertito che altrimenti applicherà l’art. 155 della costituzione, che gli consente di commissariare la Catalogna. Con il rischio però di provocare un sollevamento catalano. Puigdemont nelle ultime ore ha tenuto le carte coperte. Sembra improbabile però che risponda quello che Rajoy vorrebbe sentire.

“Non ci sarà resa” ha detto il portavoce Jordi Turull. Sul President crescono le pressioni perché revochi la ‘sospensione’ dell’indipendenza annunciata il 10 ottobre. La ‘repressione’ spagnola si è accentuata, con l’arresto dei leader indipendentisti Jordi Sanchez e Jordi Cuixart per ‘sedizione’. Che ha innescato oceaniche protesta a Barcellona e la dura reazione di Puidgdemont che ha parlato di “detenuti politici”. Rajoy ha fatto un’ultima offerta oggi, invitando al ‘buon senso’. Propone di non usare l’arma dell’articolo 155 se Puigdemont convocherà subito elezioni regionali anticipate. Con i due alleati del premier spagnolo, il socialista Pedro Sanchez e Rivera, che chiedono nel quadro del ‘155’ elezioni immediate, convinti di vincerle e di formare un governo alternativo a quello secessionista. Galiziano prudente e moderato Rajoy non è entusiasta di dover usare ‘l’arma atomica’ del 155 malgrado le pressioni del suo partito, del leader di Ciudadanos Albert Rivera che lo scavalca a destra e della stampa madrilena. Oggi ha così di nuovo chiesto a Puigdemont di dare prova di “buon senso” e “non obbligare il governo a prendere decisioni che sarebbe meglio non prendere mai”.

Ma un passo indietro di Puigdemont sembra però escluso. In una giornata carica di incertezza e tensione i due avversari hanno preparato le prossime mosse, a seconda degli scenari che si disegneranno domani. Se Rajoy attiverà il 155, Puigdemont potrebbe rispondere proclamando la ‘Repubblica’ e convocando elezioni non regionali ma ‘costituenti’ del nuovo ‘Stato indipendente’. Una mossa preparata nelle ultime ore in riunioni di crisi dai partiti indipendentisti. La ‘Repubblica’ sarebbe dichiarata “a giorni” secondo Mireia Boya della Cup.

I 72 deputati di Puigdemont sono stati così pregati di non allontanarsi da Barcellona mentre per sabato è stata convocata una grande manifestazione sempre nella capitale. Le organizzazioni della società civile si preparano intanto ad una ‘resistenza pacifica’ e ‘gandhiana’ di massa ‘in difesa delle istituzioni’ se Madrid commissarierà la Catalogna. Rajoy allo scadere dell’ultimatum domani dovrebbe convocare una riunione straordinaria del governo per avviare la procedura art.155 al Senato, che darà il via libera alla procedura in circa una settimana. Poi si sposterà a Bruxelles dove chiederà l’appoggio del vertice Ue. Con in mano buie previsioni per l’economia se la crisi andrà avanti.

L’Autorità Fiscale di Madrid ipotizza un calo della crescita nel 2018 di fino all’1,2% con perdite fino a 12 miliardi per l’economia spagnola. L’art. 155 consentirà a Rajoy di assumere le competenze del Govern, iniziando dagli interni, con il controllo dei Mossos d’Esquadra, la polizia locale, e dell’economia, defenestrando il vicepresidente Junqueras. Puigdemont secondo alcuni media non sarebbe destituito ma perderebbe i suoi poteri. Contro di lui però potrebbe procedere la procura spagnola incriminandolo per ‘ribellione’. Ara scrive che il procuratore generale dello Stato José Manuel Maza “vuole essere colui che ha messo in prigione Puigdemont”.