Il Pd celebra oggi al teatro Eliseo di Roma i suoi 10 anni, con una festa su cui pesano le spaccature sulla legge elettorale e l’assenza annunciata di Romano Prodi. IL suo ex braccio destro Arturo Parisi parla di un “lutto” dopo il Rosatellum. Matteo Renzi rivendica nuovamente in serata il ruolo del suo partito: “Il Pd è oggi l’argine più forte all’estremismo delle destre e al populismo a 5 stelle”.
Rosatellum e addii rovinano decennale – Decennale dal retrogusto un po’ amaro per il partito democratico, che oggi festeggerà le dieci candeline in un clima di forte contrapposizione all’interno del centrosinistra. Matteo Renzi, dal palco del teatro Eliseo, dopo gli interventi di Walter Veltroni e Paolo Gentiloni, farà di tutto per rilanciare il ruolo di un partito che punta a fare da argine alle destre e al populismo. Un ruolo che fortemente rivendica in serata sulla sua e-news in cui scandisce che il Pd “ha un punto di grande forza, che nessun altro dei partiti italiani può vantare: non appartiene a nessuno. Non appartiene a un proprietario, a un’azienda, a un blog o a un leader. È una comunità in cui tutti possono sentirsi a casa e nessuno è padrone”. E dunque, replica alle critiche e alle resistenze, “sarà un giorno buono per dire grazie a chi ci ha portato fino a qui e raccontare dove vogliamo andare”. Tuttavia, il forte scontro sul Rosatellum, gli addii di ben due ex segretari, Guglielmo Epifani e Pierluigi Bersani, l’assenza di Romano Prodi e gli attacchi di Arturo Parisi hanno già rovinato il clima della vigilia. Proprio l’ex ministro, braccio destro di Prodi, spende parole durissime sulla kermesse dei dem.
“Il decennale, invece di un giorno di festa, s’è trasformato in un giorno di lutto”. Come Prodi, Parisi non sarà presente, per colpa, afferma lui stesso, di “sciatteria” degli organizzatori nel coordinare le agende. Ma ovviamente non si tratta solo di un problema di impegni. Pesa e molto il dissenso sulla riforma elettorale, la cui approvazione Parisi definisce “grave nel merito e nel metodo”. “Quando Berlusconi c’impose il porcellum, almeno non lo fece con la fiducia. Se penso al Referendum del 18 aprile del 1993 dal quale tutto è iniziato – conclude amaro – sento che la primavera della democrazia governante che allora sognammo ha incontrato il suo autunno”. Cerca di gettare acqua sul fuoco il numero due dei dem, Maurizio Martina, secondo cui il Rosatellum “non è la legge migliore ma l’unica possibile” e “segna indiscutibilmente per il Pd un passo avanti importante rispetto allo stato attuale”. Quindi difende la vitalità del partito, negando ogni ipotesi ‘luttuosa’: “Sarà un momento di festa e riflessione aperto a tutti con grande rispetto per le storie e i contributi personali che hanno attraversato e attraversano ancora oggi la nostra comunità”. Anche Dario Franceschini, anche lui ex segretario e primo capogruppo del Pd, replica ad Arturo Parisi, osservando che il Rosatellum spinge comunque “verso coalizioni e la ricomposizione del centrosinistra”. Il professore, dal canto suo, evita di spargere sale sulle ferite, dribblando da Bologna ogni giudizio sul Rosatellum bis: “Non ne parlo nemmeno sotto tortura”. Chi invece ne parla, in termini sempre più liquidatori, è Massimo D’Alema, anche lui tra i fondatori del Pd, e oggi in prima linea tra le fila dei fuoriusciti di Mdp. “Non ci sono le basi – attacca da Palermo – per un’alleanza elettorale con il Pd. I nostri elettori non ci seguirebbero, piuttosto ci saluterebbero. il Rosatellum – aggiunge l’ex premier – allunga la distanza tra noi e il Pd, che si era già stabilita con provvedimenti come il Jobs act, la Buona scuola”.