Alle Province sarde mancano all’appello almeno 70-80 milioni di euro che lo Stato non trasferisce più all’Isola, dove la riforma degli enti locali “è rimasta monca” con servizi fermi al palo e risorse, anche queste “insufficienti sebbene garantire dal Fondo unico”, che servono quasi esclusivamente per pagare gli stipendi. E’ la denuncia di Cgil, Cisl e Uil della Funzione pubblica della Sardegna che, in concomitanza con lo sciopero nazionale, hanno tenuto un presidio davanti alla sede della rappresentanza del Governo, in piazza del Carmine a Cagliari.
“Il rischio che corrono le Province è quello di non poter chiudere i propri bilanci – spiegano i sindacati che hanno consegnato un documento al rappresentante del Governo – e di non erogare più servizi fondamentali ai cittadini, anche perchè mancano le persone che ci lavorano: i dipendenti, infatti, sono passati da 2.200 a 1.100”. “La Sardegna è in una situazione particolare – precisa Nino Cois della Cgil – dove c’è una riforma che in effetti non è mai decollata e che si basava anche sul referendum costituzionale che è stato bocciato. E’ una riforma che deve essere ripresa velocemente perché ci troviamo in una situazione dove gli Enti non sono più in grado di assicurare alcun servizio, dalle strade alle scuole. Forse stanno anche sprecando risorse economiche per pagare i commissari e sub commissari”.
“Le Province esistono, ma i servizi sono depotenziati e c’è una grossa confusione – conferma Fulvia Murru della Uil, intanto bisognerebbe tagliare gli sprechi: non riusciamo a capire perchè i quattro commissari che vengono prorogati di volta in volta devono avere stipendi del genere”. Davide Paderi della Cisl sottolinea che “la situazione in Sardegna è figlia di un referendum che ha creato un guasto istituzionale organizzativo, assenza di tutele per i lavoratori, oltre che rischi per la tenuta dei servizi. Occorre fare in fretta: Giunta e Consiglio facciano qualcosa perché tornino a casa questi soldi, la Regione ci convochi, noi siamo pronti a una battaglia comune”.