Inizia il percorso ad ostacoli del disegno di legge sul riordino della rete ospedaliera. La riforma è approdata in Aula oggi, dopo una lunga serie di vertici di partiti e di maggioranza, con e senza l’Anci ed il Cal.

“Abbiamo fatto il massimo – ha detto il presidente della commissione Sanità Raimondo Perra, illustrando una delle due relazioni di maggioranza – abbiamo coinvolto i territori, più volte li abbiamo sentiti in audizione, così come i sindacati e i vari rappresentanti del mondo sanitario. Non ci sono tagli, né chiusure”.

Due strade erano percorribili: “Si poteva ignorare questo disordine, questa scarsa inefficienza, come del resto è avvenuto per tanto tempo, oppure si poteva scegliere la via più scomoda di provare a rimediare. Questo noi abbiamo fatto, consapevoli degli ostacoli che si sarebbero frapposti”. L’altro relatore di maggioranza, Gigi Ruggeri (Pd), ha sottolineato subito che “la sanità è cambiata, ma non si sono ancora adeguati gli ospedali, luoghi di cura per acuti, centro della risposta locale alle emergenze e di risposta al bisogno di riabilitazione e alla lungodegenza che sono in irreversibile aumento, viste le caratteristiche demografiche ed epidemiologiche della nostra società”.

In questo senso, ha aggiunto, “i passi da fare sono quelli della riduzione dei posti letto, peraltro limitata al 2% ma con una componente di 1/5 dedicata alla riabilitazione e lungodegenza”. Posti letto che saranno complessivamente 5.901, di cui 4.643 pubblici. Principio cardine da cui muove il riordino è che non si può avere tutto dappertutto, perché a perderci sarebbe la qualità delle cure. Per questo è previsto che ci siano ospedali ad alta specializzazione e altri in grado di garantire il primo intervento e, nel contempo, di curare le patologie più lievi.

Molto critica la relazione di minoranza illustrata da Edoardo Tocco (Fi): “Siete partiti dal tetto alla base, come i peggiori ingegneri, non tutelate i territori che costituiscono la parte debole, non li si mette in condizione di interpretare questa legge scritta in modo incomprensibile per l’uomo della strada”. Poi, rivolgendosi all’assessore alla Sanità, Luigi Arru: “Lei è un medico, qualora dovesse ritornare in corsia, pensa di ricevere gli applausi?”.

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