Era appena a arrivata a Cagliari da Roma, doveva trascorrere qualche giorno in compagnia di una coetanea. Niente di meglio che un bagno ristoratore a Calamosca. Sono arrivate in spiaggia verso le 13,45 in compagnia di altre due bambine, hanno lasciato gli asciugamani e sono entrate in acqua. Lei, una 23enne cinese, si è messa una maschera e si è tuffata, insieme alle amiche. Pochi minuti dopo però galleggiava a quattro, cinque metri da riva. Se n’è accorta una donna che stava facendo il bagno con il suo bambino. L’ha vista riversa esanime, con la maschera piena d’acqua e i piedi sul fondo, braccia ciondolanti. L’ha afferrata e trascinata a riva con l’aiuto di un’altra donna e ha chiesto aiuto. I bagnanti hanno chiamato il bagnino, lì a pochi metri. E’ intervenuto un medico, una bagnante che stava li accanto con l’ombrellone. Poi il dramma: a Calamosca non c’è linea telefonica. Non si riesce a chiamare il 118. C’è chi prova con il 113, niente. Risponde il 112, e fortunatamente anche il 118 dalla fermata del pullman di fronte alla caserma ‘Ederle’.
La dottoressa intanto aveva già fattola drammatica diagnosi: la ragazza era in ipossia da diversi minuti, ha gli occhi sbarrati, e lei inizia il massaggio cardiaco sul bagnasciuga. Compare un pallone di Ambu e proseguono le manovre di rianimazione. La ragazza non risponde, ma la dottoressa insiste. Ci si alterna nel massaggio cardiaco e si aspetta disperatamente il 118. Alle 14,26 arriva la prima ambulanza dei volontari di ‘Sardegna Soccorso’ che proseguono nelle manovre di rianimazione, anche con l’ossigeno, insieme alla encomiabile dottoressa che non si ferma un secondo insieme ad altre due bagnanti. Arriva pochi minuti dopo anche la medicalizzata del 118 col defibrillatore, sono 20, 25 minuti di terrore. La giovane non risponde alle sollecitazioni, viene intubata dalla stessa dottoressa ma continua a emettere schiuma e sangue dalla bocca. Sul viso dei soccorritori si legge la gravità della situazione. Il defibrillatore prima di dare la scarica continua ad emettere quel fastidioso avviso: “Assenza di battito, scarica non consigliata, proseguire con rianimazione cardio-polmonare”.
I soccorritori decidono di portarla via dalla spiaggia, le amiche piangono disperate, non parlano l’italiano, non sanno dove la porteranno. La adagiano su una barella, sembra ci siano piccoli segnali di vita. Questo basta, non è morta, C’è speranza. Una disperata corsa fino al ‘Marino’, in codice rosso. Ora è in coma in rianimazione, in prognosi riservata, con forti dubbi per i danni cerebrali subiti per l’assenza di ossigeno. Di certo non ha respirato, se non forzatamente, per oltre mezzora. Ma ci si chiede da quanto fosse svenuta in acqua e per quale motivo. Neppure l’amica, anche lei 23enne con cui doveva trascorrere qualche giorno spensierato a Cagliari, si era accorta del malore. Solo l’attenzione di una mamma cagliaritana ha permesso di allertare i soccorsi. Senza di lei ora non ci sarebbe neppure quella piccola, flebile speranza di salvezza. Resta una domanda: perché a Calamosca non prendono i cellulari? Sul bagnasciuga sono rimaste le sue ciabattine colorate, chissà se tornerà ad indossarle.