Non è una questione lungi da venire, anzi. Da anni ormai le regioni a statuto speciale sono oggetto di violenti attacchi a livello nazionale.
Però il 22 ottobre prossimo l’attacco contro il principio cardine su cui si regge la coesione nazionale – quello in base al quale chi ha di più deve aiutare chi ha di meno – potrebbe subire un altro colpo e potrebbe essere quello mortale. I cittadini delle due regioni più ricche d’Italia, la Lombardia e il Veneto, saranno chiamati a esprimersi su due referendum consultivi, che nella sostanza chiedono loro se sono d’accordo sul fatto che una parte maggiore dell’attuale di tasse e contributi previdenziali resti nei loro territori. È molto facile prevedere che sarà un plebiscito per il Sì: non solo si tratta di una rivendicazione che in quelle regioni è radicata negli anni, ma è anche appoggiata da tutti i maggiori partiti, inclusi Pd e M5S.
Le ricadute per una regione come la nostra sarebbero devastanti: la Sardegna produce circa sedici miliardi di entrate fiscali e previdenziali, mentre lo Stato ne spende per i sardi ben ventuno, con una differenza di cinque miliardi di euro. In altre parole, la Sardegna campa per un buon quarto grazie alla solidarietà delle Regioni più ricche. E per quanto il referendum lombardo-veneto sia solo consultivo, è evidente che avrà un impatto fortissimo. Come affrontare allora la situazione? Come evitare che la demagogia faccia scattare una vera e propria ghigliottina per la Sardegna, anzi una pietra tombale? Svolgere lo stesso giorno dei referendum lombardo-veneto, anche un referendum sardo. Oggetto: inserire nella Costituzione l’obbligo per lo Stato di tenere conto nelle proprie leggi del criterio dell’insularità, così come peraltro è scritto anche nella Convenzione europea.
Perché l’idea di sempre come Riformatori sardi è quella di mettere in campo tutte le azioni possibili per essere economicamente forti, perché solo questo ci permetterà davvero di autodeterminarci. I lombardi e i veneti rivendicano le loro risorse? Bene. Anche noi sardi dobbiamo rivendicare i nostri diritti e la nostra dignità. Nè più nè meno. Per questo motivo abbiamo intrapreso questa battaglia, sulla quale speriamo si schieri un fronte il più ampio possibile, fatto di cittadini, partiti e istituzioni.
Lucia Tidu – Comitato promotore per l’insularità