In un lungo articolo pubblicato dall’Huffinghton Post il 19 luglio del 2013, esattamente dieci giorni prima del suo rapimento in Siria, Dall’Oglio fece discutere quando affermò di non ritenere immorale, come strumento per sostenere la rivoluzione siriana, l’uso delle armi chimiche contro le forze armate siriane, eventualmente sottratte “agli arsenali di regime conquistati eroicamente”. Una rivoluzione che si ostinava a considerare democratica e laica (tanto da utilizzare il termine “partigiani”) malgrado gli orrori consumati in tutto il territorio dagli estremisti islamici e dai gruppi jihadisti che il gesuita voleva utilizzare in funzione anti Assad.

Dall’Oglio si considerava a tutti gli effetti un “siriano dell’opposizione” e auspicava la riconciliazione tra le forze islamiste radicali (che poco dopo lo hanno rapito) e le forze democratiche una “necessità strategica”. Nel suo scritto sull’Huffinghton Post scrisse: “La Siria sarà capace di elaborare una strategia pedagogica islamica di riassorbimento dell’estremismo”. Una profezia che non si è affatto realizzata. Semmai, la strategia dei gruppi armati è quella un pedagogico riassorbimento dell’Islam nell’estremismo, tanto diffuso da divenire uno Stato con proprie leggi e una propria amministrazione.

In un’altra intervista, Dall’Oglio affermò di essere disposto anche ad allearsi contro i terroristi di al-Qaeda pur di far cadera l’odiato regime di Assad. In realtà, le forze con le quali il religioso voleva allearsi, ovvero le componente più radicali di una finta rivoluzione democratica, lo consideravano da sempre un infedele, uno straniero in terra straniera. Il destino di dall’Oglio, malgrado si sentisse figlio di quella terra e padre di quella rivoluzione, era già stato deciso la sera stessa di quella calda giornata di luglio in cui si recò a Raqqa per essere rapito – e probabilmente ucciso – poco dopo.

Ale Aramu – ‎Centro Italo Arabo e del Mediterraneo Onlus