Sabato mattina mi sono svegliata con l’idea di cambiare la mia auto, ormai troppo scassata dall’eccessiva temerarietà dei miei selvaggi parcheggi fuoristrada. La concessionaria era aperta, io avevo tempo.
In che modo avrei potuto scegliere l’auto migliore per me? Semplice! Avrei fatto un giro di tutte le concessionarie della città, avrei ascoltato diligentemente la descrizione di ogni auto in vendita, memorizzato ogni dettaglio e fatto un bell’elenco dei pro e dei contro di ogni modello. È quello che si chiama decision-making. È il modo in cui le persone prendono le decisioni: valutano scrupolosamente i pro e i contro di ogni alternativa e di seguito scelgono quella con un maggior numero di pro o con un minor numero di contro. Decision-making: tecnicamente, processo che porta a una scelta.
La rossa è troppo rossa ma ha 5 porte come serve a me; la grigia ha il tergicristalli felpato ma non ha il navigatore incorporato (anche se non importa tanto io ho il mio)
la nera costa troppo ma ha i cerchi in lega, non so bene cosa farmene ma in fondo so che mi serviranno; i sedili di quella azzurra sono a prova di cibo avariato ma nel cofano non entrano neanche due paia di scarpe senza le scatole e io ho due figlie. Femmine. Però, se mi tengo la mia posso parcheggiare selvaggiamente senza sensi di colpa. Sì, ed è proprio a causa dei parcheggi in posti impervi che sono costretta a cambiarla. L’altro giorno ho parcheggiato così in alto nel fuoristrada che l’auto sembrava un geco sulla parete, merito anche del dignitosissimo freno a mano (e dei sassi sotto le gomme).
Dopo tre minuti scarsi di decision-making ho iniziato a stancarmi. Troppe informazioni da tenere sotto controllo. Come avrei potuto decidere in un modo così dispendioso di energie? Così sono passata al ragionamento per euristiche. Ossia quel ragionamento ecologico, rapido ed efficace, che mettiamo in atto ogni giorno, per muoverci nel mondo in economia cognitiva. Una scorciatoia di pensiero, insomma. Ed è così che sono arrivata a fare le mie conclusioni: l’auto bianca si scalda meno al sole. D’altronde vivo in Sardegna, non è una conclusione di poco conto.
Purtroppo il rovescio della medaglia per questo tipo di ragionamento è proprio quell’economia tanto blasonata che rischia, però, di dare adito a stereotipi e pregiudizi, spesso a superficialità di ragionamento.
Secondo queste scorciatoie di pensiero, tendiamo a classificare oggetti, eventi e persone in base a pochissimi dati di somiglianza tra loro e perdiamo quasi del tutto le peculiarità dei singoli. Oppure prevediamo un evento futuro in base a dati a noi più accessibili e non in base a una oggettività. O ancora, diamo per valida e assodata una percezione personale senza prendere in considerazione che possono esserci punti di vista diversi; e questo, solo per fare degli esempi. Tutto sommato a noi fa comodo conoscere il proprio paese e pensare di conoscere il mondo. Comodo, veloce, economico, semplice.
Pensandoci un po’, le mie amiche hanno le auto di quasi tutti i colori in commercio; forse il colore non mi farà decretare una scelta. Forse dovrei basarmi su altro. Forse non dovrei essere io a scegliere, d’altronde le donne non sono portate per i motori (ATTENZIONE: Pregiudizio!).
Sapete come realmente si prende una decisione? Con il cuore.
Così, senza un senso preciso, solo con il trasporto dell’emozione. Sono le emozioni a indirizzarci veramente. È il notissimo processo del “boh, non so perché…” a determinare le nostre scelte! Le ricerche sui processi che spingono le persone a prendere le decisioni parlano chiaro, le “reazioni viscerali” risultano immediate, accurate ed efficaci.
E alla fine, l’auto, mi tengo la mia, ‘che parcheggiare dove mi pare è un’emozione senza prezzo!
Marzia Spedicato, psicologa
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