"Non avevamo nessun obbligo di conservare e produrre pezze giustificative. Le risorse che andavano al gruppo erano destinate all'attività politica e istituzionale, il grosso dei fondi era legato all'attività politica. E così è stato". L'ex dirigente di An e del Pdl, Mario Diana, ha risposto alle domande del pubblico ministero Marco Cocco, al processo che lo vede imputato di peculato aggravato nell'ambito dell'inchiesta sull'utilizzo ritenuto illecito dei fondi riservati ai gruppi del Consiglio regionale della Sardegna, coinvolti una novantina di ex consiglieri della XIII e XIV legislatura.
Secondo la Procura di Cagliari, Diana, all'epoca capo gruppo, avrebbe utilizzato circa 200 mila euro per spese non istituzionali. L'esponente del centrodestra, difeso dall'avvocato Massimo Delogu – e da oggi anche da Pierluigi Concas – era stato arrestato il 6 novembre 2013, quindi scarcerato a marzo 2014. Rispondendo alle domande della pubblica accusa, Diana ha spiegato come ha speso i fondi assegnati ad An nella XIII legislatura.
"La finalità principale di quelle risorse – ha detto davanti ai giudici della prima sezione penale, presieduta da Giuseppe Pintori – era tenere viva l'attività del gruppo con l'elettore, utilizzando il denaro per mantenere il contatto sul territorio. Avevo anche una mia sede a Oristano, davanti alla Cattedrale, che pagavo con un affitto all'Istituto sostentamento del clero. Prima 700 euro poi quasi mille al mese. Quella fu una delle spese maggiori. Pagavo un assegno e ricevevo regolare ricevuta". L'ex consigliere regionale ha poi giustificato altre spese sostenendo che servivano per pagare i collaboratori. L'udienza è stata aggiornata al 17 febbraio: proseguirà l'esame dell'imputato, questa volta con le domande della difesa.