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Alcuni giorni fa mi è capitato di andare a vedere un film nel cinema presente all’interno del centro commerciale della Corte del Sole di Sestu. Il cinema in questione appartiene alla catena THE SPACE. Per chi non conosce il centro commerciale bisogna dire che la multisala si trova al secondo piano e accessibile attraverso una serie di scale mobili. Nell’atrio fa bella mostra di sé il lunghissimo piano del bar. Colori, scritte e inviti a non farsi sfuggire le prelibate tentazioni. 
Mi sembra che sia l’occasione giusta per spizzicare qualcosa prima dell’inizio del film. Mi avvicino al banco e mi rendo conto che, come del resto in quasi tutti i cinema, l’idea che i gestori hanno dello spettatore medio è perlomeno mortificante. I soli cibi disponibili sono dolci o gli hot dog che, chissà per quale ragione, dovrebbero essere i panini più ambiti dagli amanti del cinema. Cibi, o presunti tali, pieni di grassi, poco salutari se non dannosi, retaggio di una concezione del junk food che ormai fa schifo pure agli americani. 
E poi ci sono loro, i popcorn. I popcorn che la pubblicità ha imposto come elemento irrinunciabile durante la proiezione di un film. Popcorn puzzolenti, al gusto cioccolato o caramello, venduti in barattoloni a bambini, adolescenti ed adulti che finiranno presto, i primi in balia dei bulli, i secondi a piangere nei programmi pomeridiani a parlare della loro disfunzione che li porta ad ingrassare anche se non mangiano niente, i terzi nel lettino del dietologo. 
Eccoli lì, grandi e piccini, caracollare sudaticci col loro prezioso carico di calorie. In una mano un secchio di popcorn e nell’altra una damigiana di cocacola piena di ghiaccio, casomai finissero strozzati da quei batuffoli di plastica bianca al gusto merda. Alcuni, con il cellulare incastrato tra spalla e guancia, informano amici e parenti circa la loro posizione e le importanti attività che stanno compiendo in quel momento. Non si sa perché un essere umano debba per forza rovinarsi la salute per vedere un film. Ricordo i bei tempi del cinema all’oratorio. 
Il film iniziava alle 15 e il massimo a cui si poteva ambire era una gassosa con una lunga liquirizia cava infilata dentro la bottiglietta e che faceva le funzioni di una cannuccia. Qualcuno consumava lupini o semi di zucca. Allora i bambini erano tutti magri, i grassi erano rari e grassi quanto i bambini magri di oggi. Poi all’uscita del cinema si consumavano le poche calorie assimilate con giochi e corse. Oggi i bambini si divertono a mandarsi messaggi su whatsup e viaggiano su skate elettrici. 
Cresceranno senza sapere che è possibile muoversi con entrambe le mani libere, che la mano sinistra non si è evoluta per il solo trasporto dello smartphone e che è possibile percorrere lunghe distanza anche a piedi. Ma torniamo a noi… raggiunta la cassa e fatta la fila, a dir vero esigua, ci troviamo di fronte ad una ragazza trincerata dietro una barriera di vetri antisfondamento. Dopo l’eliminazione delle barriere nelle banche e alle poste quella del cinema pare essere l’ultima oasi felice della sicurezza. 
Pare, a quanto si vede, che i cinema siano gli ultimi baluardi della ricchezza più sfacciata. Immagino fiumi di soldi che scorrono al di là del vetro, una doccia a getto continuo di banconote e di tintinnanti euro e due euro capaci di lavare fatiche ed affanno in quel modo che Zio Paperone ama tanto. Attraverso uno strano foro molto simile a quello che permette ai carcerati in regime di 41bis di comunicare con i famigliari, la ragazza mi chiede se, con un’aggiunta di euro 1,50, io sia interessato al posto VIP. Per posto VIP si intende una fila leggermente più larga e poltrone, pare, leggermente più comode. 
Sono nere e in pelle (o similpelle?) e ti separano dai poveracci che per un euro e cinquanta in meno sono costretti a sedersi nei posti della gente umile. Naturalmente declino la gentile offerta perché più dell’idea del VIP mi pare che potrei fare la figura del coglione (una volta entrato in sala e osservato i pochi VIP presenti con i loro carichi di popcorn ho realizzato, senza ombra di dubbio, che non mi sono sbagliato). Opto per due posti da gente umile e devo dire che sono abbastanza comodi, certo non promettono le gioie dei posti VIP ma ci accontentiamo ben volentieri. L’orario di inizio, fissato per le 19.40, ci trova pronti al nostro posto e preparati alla visione. Partono i trailer, parte la pubblicità, di nuovo i trailer e di nuovo la pubblicità, poi ancora la pubblicità. 
Nuovo spot, eccone un altro. Finalmente inizia? No è un trailer. Sarà l’ultimo penso. No, ancora pubblicità. Dopo più di mezz’ora finalmente inizia il film. Buio in sala e ci rilassiamo entrando nella storia e lasciandoci trasportare dalla narrazione. Passa circa un’ora e sul più bello… di nuovo luci in sala. PAUSA RELAX. Si avete eletto bene. I geni del marketing di THE SPACE hanno inventato la pausa relax. Nelle loro menti bacate la visione del film per gli spettatori è evidentemente un momento di forte stress emotivo. Diventa quindi necessario un momento di sano relax che, come suggerito dall’immagine dello schermo, consiste fondamentalmente nell’alzarsi dalla poltroncina, rompere le palle agli altri spettatori che in “relax” devono spostarsi per far passare la gente, e andare la bar. 
Quindi comprare altri popcorn e coca cola, rientrare in sala, ripassare sui piedi dei poveracci ancora seduti ma sempre in “relax” e ricominciare a frantumare gli zebedei alla gente seduta vicino con l’orrendo ruminare tipico dei mangiatori compulsivi di popcorn. Quanto mi piacerebbe avere a disposizione un calcinculista di professione. Il calcinculista è una figura professionale dotata di ottimo piede e di eccezionale capacità di pedata. Io lo immagino alto e grosso, calzato di stivale a punta stile far-west e posizionato poco al di fuori della sala. 
Quando qualcuno esce a far scorta di porcherie approfittando della “pausa relax”, ecco che entra in azione il calcinculista che dispensando la sua arte con forza e vigore ricaccia gli avventori all’interno della sala. Cari signori noi ci rilassiamo andando al cinema a vedere un film e non andando a vedere il vostro “cinema” o a comprare i vostri cibi spazzatura approfittando della vostra misera e miserabile “pausa relax”. 
Possibile che i gestori del cinema abbiano così poco rispetto per quei film che sono la ragione stessa della loro esistenza da inserire una “pausa relax” durante la proiezione? La risposta è nel marchio stesso THE SPACE ovvero la rappresentazione grafica di un imbecille che, dopo essersi attardato al bar, cerca il suo posto nel buio mentre tutti in sala sono già accomodati a guardare il film. Se il buongiorno si vede dal mattino…