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Il countdown è cominciato. Il governo risponderà entro mercoledì alla richiesta della commissione europea di tagliare di 0,2 punti il deficit del 2017. La scelta è solo apparentemente tecnica. Certo gli uffici del ministero dell'Economia stanno mettendo a punto una serie di ipotesi testandone i rischi sulla crescita economica. Si starebbero valutando tagli lineari alle spese, qualche misura anti-spreco ma anche la possibilità di un aumento dell'Iva. Un aiuto potrebbe arrivare anche dagli incassi, in crescita, della lotta all'evasione. Di certo si esclude un intervento di calo dell'Ires, l'imposta sul reddito delle società.
 
Ma il vero nodo è e rimane politico. Con le elezioni che sembrano avvicinarsi a passi rapidissimi il varo di una manovra di 3,4 miliardi potrebbe avere soprattutto l'effetto di allontanare il consenso, necessario per governare e fare riforme. Sul tavolo ci sarebbe quindi ancora l'ipotesi di rischiare l'avvio della procedura di infrazione. Che ha tempi lunghi.
 
Gentiloni ha già detto chiaramente di no ad una manovra con effetti recessivi. Dal vertice in Portogallo dei governi del mediterraneo lancia di nuovo un messaggio. "Serve un'Europa che con più decisione e convinzione sia in grado di accompagnare il percorso di crescita degli Stati membri – afferma – E' il momento di accompagnare la crescita con politiche di sostegno a investimenti e lavoro, con passi avanti nell'unione bancaria, con un'interpretazione intelligente e favorevole alla crescita delle nostre regole".
 
Ma l'Italia, a pochi giorni dalla scadenza di Bruxelles, non ha ancora deciso cosa fare. Ad inizio settimana il ministero dell'Economia, Pier Carlo Padoan e il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni decideranno la strategia da tenere. E – spiegano fonti di governo – non ci sono disallineamenti tra Palazzo Chigi e il Tesoro. Insieme ministro e premier faranno un attento esame delle possibili misure e degli effetti che potrebbero avere: sia di tipo economico, compresi i contraccolpi sui mercati, sia di tipo politico. Poi con l'Ue si tratta ancora, anche se non si farebbe affidamento sul lavoro degli sherpa del Tesoro che puntano a limitare l'eventuale impatto della manovra, scendendo da 3,4 a 1,7 miliardi, cioè dallo 0,2 allo 0,1% del Pil. Il bivio rimane tra la scelta di varare o meno una manovra, tra mettere in conto il rischio di infrazione o evitarlo. Se sanzionano noi per uno zero virgola – è un altro ragionamento che si fa nei palazzi romani – allora dovrebbero farlo con mezza Europa.
 
Le scelte del governo, comunque, partiranno dall'esame delle misure possibili. Si spazia dal contenimento della spesa, con tagli lineari ai ministeri e l'individuazione di sprechi da attaccare, alla possibilità di un mix di misure (tra cui l'aumento di accise su tabacchi e benzina) fino all'aumento di un punto dell'Iva. "Sono contrario all'ipotesi di un aumento Iva", ha detto il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina. Di certo non si toccherà il calo dell'Ires – l'imposta sui redditi delle società – dal 27 al 24% scattato quest'anno: una decisione anche di rinvio che avrebbe un'impatto devastante.
 
Difficile anche che si possano contabilizzare i risultati della lotta all'evasione che, dopo i 14,5 miliardi recuperati nel 2015, avrebbe consentito – ha rivelato Matteo Renzi ai sindaci Pd – ben 17 miliardi di recuperi nel 2016 con la nuova strategia di cooperazione con i contribuenti. Chiaramente i maggiori incassi potrebbero trovare conferma anche per quest'anno.
 
La scelta comunque non sarà facile. L'adozione di misure sarebbe in contraddizione con le politiche in favore della crescita. Rimangiarsi alcuni bonus, inoltre, avrebbe un sicuro impatto negativo in chiave elettorale tanto che Matteo Renzi, che poi è l'azionista di maggioranza del Governo, sarebbe contrarissimo. "Questa Europa che manda una letterina all'Italia per un 0,2, che invece di discutere dei massimi sistemi si concentra sul prefisso telefonico – dice Matteo Renzi – mentre la Spagna l'anno scorso ha fatto il deficit al 5,1 e si è fatto finta di nulla…". Non va però sottovalutato che decidere di non fare alcuna manovra esporrebbe l'Italia alla speculazione dei mercati e, alla fine, nonostante la rete protettiva della Bce, il contraccolpo potrebbe essere durissimo.