“Sono preoccupatissima, sono stata convocata dalle maestre di mio figlio perché secondo loro è dislessico. Hanno detto che dovrei portarlo a effettuare delle visite specialistiche ma vorrei aspettare e vedere come vanno le cose, d’altronde è ancora piccolo. Cosa ne pensa?”
Una lettrice
Cara Lettrice,
posso comprendere la sua preoccupazione e il suo senso di smarrimento di fronte a una notizia che può sembrare una etichetta patologica.
Pensi che la dislessia evolutiva si attesta come il disturbo neuro-evolutivo più frequente nella popolazione mondiale. Si arrivano a toccare picchi del 17% tra gli studenti, con una media di 3-5 bambini per classe.
In Italia, la legge che legittima i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (Dsa) è la 170/2010. Tale Legge riconosce dislessia, discalculia, disortografia e disgrafia come disturbi che possono costituire una importante limitazione nelle attività della vita quotidiana e propone, di conseguenza, la programmazione di una didattica individualizzata e personalizzata.
Vediamo più in dettaglio di cosa stiamo parlando.
Per dislessia intendiamo la difficoltà nell’imparare a leggere; per disgrafia, la difficoltà nello scrivere; per disortografia, la difficoltà nel convertire i suoni in lettere e per discalculia, la difficoltà negli automatismi del calcolo matematico. Può essere presente un solo disturbo tra questi, così come possono essere presenti tutti contemporaneamente. La diagnosi viene fatta presso il Servizio Sanitario Nazionale (ASL) o in alternativa, presso strutture accreditate, da un’equipe costituita da psicologo, neuropsichiatra infantile e logopedista; di solito, dietro segnalazione della scuola, che forma appositamente i maestri a riconoscere tempestivamente queste speciali difficoltà.
È bene precisare che i disturbi dell’apprendimento non hanno niente a che vedere con il ritardo mentale, che anzi, costituirebbe motivo di esclusione dalla diagnosi; mentre, condizione necessaria per diagnosticare un DSA è proprio quello di avere un quoziente intellettivo pari o superiore alla media della popolazione.
Per tale motivo, si preferisce non parlare di disabilità, ma piuttosto di una neuro-diversità, ossia di un modo differente di funzionare, che necessita di una didattica individualizzata e personalizzata, anche attraverso l’uso di strumenti compensativi e di misure dispensative che rispondono a questo diverso funzionamento.
Gli strumenti compensativi possono essere una calcolatrice, un tablet, un audiolibro, un registratore, un lettore, un correttore ortografico, una tavola pitagorica; in pratica, sono strumenti che “aggirano” il problema dell’alunno e gli permettono di arrivare ai medesimi risultati dei compagni di classe senza incorrere in frustrazioni o quantomeno, limitandole al massimo. Parimenti, le misure dispensative riguardano la dispensa dalle attività non indispensabili ai fini dell’apprendimento, come potrebbero essere la scrittura sotto dettatura, la lettura ad alta voce o l’esecuzione di esercizi alla lavagna. Strumenti compensativi e misure dispensative, se anche non risolvono il problema, promuovono l’autonomia e la motivazione dello studente, e di conseguenza, il suo benessere; soprattutto considerando che, finché non viene fatta diagnosi di DSA è molto probabile che il ragazzo o la ragazza sperimenti vissuti di fallimento e frustrazione oltre che basso senso di autoefficacia e di autostima, determinati appunto dall’incapacità di fare cose che per gli altri possono sembrare semplici, dall’essere ritenuto un lavativo o ancora peggio, un incapace.
Alla luce di ciò, una diagnosi tempestiva si rende auspicabile e assolutamente necessaria per il benessere del ragazzo, e di riflesso, di tutta la famiglia.
Vedrà che sarà tutto più semplice…
Marzia Spedicato, psicologa
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