La vita del Galaxy Note 7, il phablet della Samsung che doveva sbaragliare il nuovo melafonino di quest'anno, è durata poco più di due mesi e mezzo, marcati dall'esplosione di telefonini e dall'evaporazione di ben 19 miliardi di dollari di valore azionario per la compagnia di Seoul.
Rimane però ancora un mistero il motivo delle esplosioni del phablet sudcoreano, che ha portato prima alla sospensione delle vendite e poi alla definitiva interruzione della produzione in questi giorni. Sono in corso varie inchieste, ma la supposizione iniziale della Samsung, che imputava la colpa a batterie difettose, sembra di fatto smentita dal ripetersi del problema anche in cellulari in cui era stata sostituita. Ma per analisti e ricercatori il problema è comunque connesso alle batterie, che nel Galaxy Note 7 sono di dimensioni – e densità – maggiori rispetto a quelle del nuovo iPhone 7. Peter Yu, analista di BNP Paris Bas, ha detto al Financial Times di credere che Samsung, anche per battere la Apple, abbia "spinto fino all'estremo lo sfruttamento della batteria", in uno spazio interno affollato di componenti proprio per via delle sue maggiori dimensioni, con separatori molto sottili. "E' per questo – sostiene – che il phablet è diventato instabile. Per le batterie a ioni di litio maggiore è la densità, più grande è la possibilità di esplodere in queste condizioni d'uso".