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Il parquet in noce i dipinti sul soffitto e gli arredi. Ma soprattutto l’antica e pregiata tappezzeria francese alle pareti. Al via il delicatissimo intervento di restauro delle stanze di “Maria Cristina”. Gli ambienti di Palazzo Regio, nel cuore nobile di Castello, dove nacque la principessa Maria Cristina di Savoia, morta giovane e in odore di santità e beatificata 2 anni fa da papa Francesco. La principessa, figlia del Re di Sardegna Vittorio Emanuele I e della Regina Maria Teresa d’Asburgo, venne alla luce nel capoluogo isolano nel 1812, quando la corte sabauda, per sfuggire alle truppe napoleoniche che avevano invaso il Piemonte, aveva trovato rifugio a Cagliari. Il parto avvenne in un locale al primo piano di palazzo Regio, oggetto, in questi giorni di un intervento di restauro (150 mila euro, di cui 100 mila donati dalla Fondazione Banco di Sardegna e i restanti dalla Provincia) che prevede il recupero della tappezzeria in seta e, in seguito, del pavimento in legno e dei dipinti dei soffitti. E in futuro un nuovo restauro, e un progetto di valorizzazione, attende tutto palazzo Regio. Gli appartamenti della Regina.

La stanza, un gioiello artistico “di raffinato gusto mitteleuropeo che illustra lo stile di vita privato e l’aurea culturale e politica della famiglia reale dei Savoia negli anni della loro permanenza in Sardegna”, è stata vincolata un anno fa dalla Soprintendenza ai Beni storici. La tappezzeria alle pareti, in lampasso di seta cremisi di stile impero con motivi figurati policromi (vasi di fiori, festoni, cesti), attribuita a manifattura francese di primo ottocento (1813-1829) è l’elemento clou. “Il motivo ornamentale”, si legge nella relazione, “ha uno sviluppo verticale ed un composto da un canestro colmo di frutta, sostenuto da un fiocco, che pende da una mensola sulla quale è poggiato un vaso ansato decorato con baccellature e un bouquet di rose. Ampie volute piumate, interrotte da delicatissimi girali vegetali con grande fiore a sei petali. Oggi si trova in uno stato di degrado e il recupero è stato assegnato ad una ditta restauratrice di Prato “Consorzio Artigiano Tela di Penelope”. I lavori, partiti il 21 giugno scorso, sono diretti da Sara Secci, architetto (si è occupata anche della progettazione) termineranno ad ottobre, salvo imprevisti.

Poi verrà il turno degli altri elementi di pregio dell’appartamento (per i quali ancora è in corso la ricerca dei fondi): il pavimento in parquet di noce, anch’esso risalente ai primi dell’800 e il dipinto nella volta gli “Amorini in volo”, risalente al 1899, del pittore Massimiliano Amadio che rappresenta nel tondo centrale alcuni amorini in volo, in un cielo cosparso di margherite (la presenza di questi fiori, frequentissimi tra i partiti decorativi di fi ne Ottocento è un chiaro omaggio alla Regina).

La “principessa-santa”

Ci sono buone probabilità che la stanza, all’epoca appartenente alla Regina madre, possa essere considerata quella in cui nacque Maria Cristina di Savoia il 14 novembre 1812 (fu battezzata nel santuario di Nostra Signora di Bonaria). Quello stesso anno infatti il palazzo fu visitato dall’arciduca Francesco d’Austria-Este il quale ricorda che “sopra nei mezzanini vi sono 3 stanze occupate dalle due figlie gemelle e dalla neonata Cristina”. Nell’aprile maggio del 1813, a pochi mesi dalla nascita si affrontarono lavori per “un nuovo appartamento” destinato alla principessina, negli ambienti del palazzo destinati alla Regina. Ma dopo la partenza della corte sabauda dalla Sardegna e il ritorno a Torino (tra il 1814 e il 1815) gli ambienti furono poi destinati al vicerè. Maria Cristina, religiosissima già nell’adolescenza, espresse il desiderio di diventare monaca di clausura. Ma, per obbedire al re Carlo Alberto, andò in sposa nel 1832 a Ferdinando II di Napoli. Secondo la tradizione si fece amare per le opera di carità e beneficienza e morì ancora giovane, dopo aver dato alla luce il figlio Francesco. Tra i pochi oggetti appartenenti a Maria Cristina rimasti nell’Isola c’è la vestina da battesimo conservata a Villa d’Orri e la culla, donata a monsignor Orrù, vescovo emerito di Ales, che la lasciò a sua volta al locale museo diocesano. Un ritratto della principessa cagliaritana è conservato nella collezione Piloni dell’Università di Cagliari.