Ha parlato in sardo per oltre mezz'ora, con un traduttore che in simultanea riferiva ai giudici. Ma le dichiarazioni spontanee rese per la prima volta in 'limba' dal leader indipendentista di Meris, Salvatore noto Doddore Meloni, non hanno convinto la Corte d'Appello di Cagliari che ha confermato la condanna a tre anni inflittagli dal Tribunale di Oristano.
Era accusato con una parente di false fatturazioni e false attestazioni, in merito alla gestione di un'attività nell'Oristanese. "Non appu fatto fatturava falsa (non ho fatto fatture false) – si è difeso Meloni in sardo, mentre l'interprete riferiva in italiano per consentirne la trascrizione a verbale – né appu evasu s'Iva o tottu s'attra cosasa (né ho evaso l'Iva o tutte le altre cose)". Il sostituto procuratore generale Michele Incani ha attaccato il leader indipendentista di Terralba, accusandolo di volersi difendere dal processo e non nel processo.
"Tutti espedienti – ha detto il magistrato dell'accusa – per evitare che il processo venisse celebrato". Il difensore di Meloni, ha invece rimarcato il diritto del suo assistito di difendersi in sardo. "Da subito – ha ribadito l'avvocato Cristina Puddu – era stato chiesto di usare il sardo in aula, visto che anche la Procura di Oristano aveva tradotto in sardo l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. La stessa cosa, dunque, ci aspettavamo nel processo di primo grado".
Una sentenza della Cassazione aveva poi stabilito il diritto degli imputati di usare la lingua sarda con un interprete, ma questo non era mai avvenuto prima d'ora in un'aula di Corte d'Appello. Il pg ha sollecitato l'inammissibilità del ricorso di Meloni, ma il collegio presieduto da Giovanni Lavena ha ritenuto di giudicare nel merito e, dopo la camera di consiglio, ha confermato la condanna a tre anni inflitta in primo grado. Il leader indipendentista ha già annunciato ricorso in Cassazione.