Marco Baliani e Lella Costa presentano al Teatro Massimo di Cagliari lo spettacolo Human, dedicato al tema urgente delle migrazioni, che debutterà al Ravenna Festival a luglio e sarà in tournée sui palcoscenici italiani nella stagione 2016/17. Un progetto pensato non solo per raccontare la disperazione di chi arriva, ma soprattutto per entrare nelle nostre contraddizioni, mostrare il nostro smarrimento verso i perseguitati e i fondamentalismi che abbiamo davanti. Organizza Lìberos in collaborazione con Sardegna Teatro, all'interno di Nois- la Sardegna che accoglie, un'intera giornata di dibattiti e incontri, in programma lunedì 20 giugno in occasione della Giornata mondiale del rifugiato.
L'incontro con Baliani e Costa, alle 18, è l'anteprima del convegno La cultura degli altri. La cultura come ponte fra i popoli e antidoto al razzismo, in programma a Cagliari a novembre, in conclusione della quarta edizione del festival Éntula. L'appuntamento è organizzato in partnership con Amnesty International Gruppo 128 Cagliari, Gruppo Emergency Cagliari, Art'In Produzioni, Genti de Mesu, KaraLettura Associazione Culturale, La Malince, Mediateca del Mediterraneo, Sardex.net e Sardegna Teatro.
“Il titolo lo abbiamo trovato – sostengono Marco Baliani e Lella Costa – la parola Human sbarrata da una linea nera che l’attraversa, come a significare la presenza dell’umano e al tempo stesso la sua possibile negazione.
Umano è il corpo nella sua integrità fisica e psichica, nella sua individualità. Quando questa integrità viene soppressa, o annullata con la violenza, si precipita nel disumano. Umani sono i sentimenti, le emozioni, le idee, le relazioni, i diritti. Li abbiamo sognati eterni e universali: dobbiamo prendere atto – con dolore, con smarrimento – che non lo sono. La storia del nostro novecento e ancora le vicende di questo primo millennio ci dicono che le intolleranze e le persecuzioni, individuali o di massa, nei confronti degli inermi e degli innocenti, continuano a perpetrarsi senza sosta".
"Ma se ci fermassimo qui – continuano i due protagonisti – sarebbe un altro esempio di cosiddetto teatro civile, e questo non ci basta: non vogliamo che lo spettatore se ne vada solo più consapevole e virtuosamente indignato o commosso. Vogliamo spiazzarlo, inquietarlo, turbarlo, assediarlo di domande. E insieme incantarlo e divertirlo, ché è il nostro mestiere. E per riuscirci andremo a indagare teatralmente proprio quel segno di annullamento, quella linea che sancisce e recide: esplorare (e forse espugnare?) la soglia fatidica che separa l’umano dal disumano, confrontarci con le parole, svelare contraddizioni, luoghi comuni, impasse, scoperchiare conflitti, contraddizioni, ipocrisie, paure indicibili"