Da circa una settimana in tutta Italia nascono e si diffondono focolai di protesta che sfociano in blocchi stradali, sit-in, marce e atti dimostrativi nei confronti di una classe dirigente politica che, a detta dei manifestanti, ha fallito e senza appello dovrebbe dimettersi. Questa protesta da subito catalogata come quella dei “forconi” si è in realtà dimostrata molto più ampia e variegata di quanto non lo sia il movimento fondato nel 2012 in Sicilia da Mariano Ferro.
E’ innegabile che questo movimento abbia un ruolo primario nelle proteste di questi giorni così come quello di tanti altri gruppi e associazioni indipendenti di categoria e in alcuni casi anche politiche che hanno deciso di aderire alle manifestazioni. Ma non trovo corretta e accettabile l'immagine che molti media hanno propinato di questa importante, quantomeno per diffusione, mobilitazione di popolo; l'annoverare le proteste come azioni eversive guidate da una regia politica di stampo fascista è ingiusto quanto non corrispondente alla realtà. E se è vero che all'interno di tutte le sigle che aderiscono e partecipano alle proteste ci sono anche quelle di estrema destra, come peraltro è ampiamente provata anche la partecipazione degli autonomi di sinistra, nessuno può però negare che le manifestazioni di questi giorni siano state per la maggior parte spontanee. E probabilmente è proprio questo che all'establishment politico-istituzionale ha suonato male e deve aver fatto quasi paura: la spontaneità, l'imprevedibilità e quindi l'ingovernabilità di tali proteste.
Per decenni siamo stati abituati alle manifestazioni preconfezionate e politicizzate di parte dei sindacati e delle associazioni di categoria che in nome della concertazione e di presunti nobili interessi democratici organizzavano delle mobilitazioni-sfilate sotto i palazzi del potere. Spesso queste manifestazioni sono state il braccio lungo dei partiti e delle lobby che tramite sindacati e associazioni di categorie compiacenti si opponevano a provvedimenti e riforme politiche. Altre volte sono state utilizzate per dar linfa vitale alla propria parte politica, magari dopo aver perso le elezioni. Del resto la parola “governare”, la più gettonata a tutti i livelli istituzionali, altro non significa che tutto deve essere concertato, guidato e canalizzato. A maggior ragione se si tratta della rabbia e disperazione della gente. Un grande teatro nazionale, quindi, in cui il popolo è da sempre marionetta di grandi manovratori.
Sarebbe stato invece più onesto e giusto da parte della classe dirigente e dei media interrogarsi sul perché oggi i cittadini scendono in piazza in modo spontaneo in quello che sembra il prodromo a un qualcosa di più ampio e imponente che potrebbe verificarsi prossimamente se non si correrà ai ripari. Invece media e partiti si sono esibiti in etichettature criminalizzanti dimenticandosi che se i cittadini italiani scendono in piazza è solo perché esasperati a causa di una crisi economica amplificata da scellerate scelte di austerity degli ultimi governi e dall'incapacità a porre rimedio a questa situazione di totale declino.
A oggi non si è intervenuti nell'abolizione dei costi della politica, dei privilegi, nell'abbattimento delle disuguaglianze di genere, accesso e condizione e nella ridistribuzione della ricchezza. Di mille vertenze aperte, pochissime sono state risolte positivamente. Il paese è in ginocchio ed è preda di speculazioni finanziarie e di interessi dell'usurocrazia europea che ormai imperversa e condiziona negativamente la nostra esistenza.