Sportelli chiusi e disservizi. Anche in città i bancari sono scesi in piazza per difendere il posto di lavoro ed il contratto collettivo. Un centinaio di impiegati si sono riuniti in presidio davanti al T Hotel dove è in corso un convegno organizzato dalla Banca di Credito Sardo. Con fischietti, trombette, slogan ed un grosso striscione con la scritta "Bancari, non banchieri" manifestano contro la disdetta anticipata del Contratto collettivo consegnata dall'Abi (Associazione bancaria italiana) e per la difesa del Fondo di sostegno al reddito e all'occupazione.
"L'adesione all'astensione dal lavoro è stata massiccia. Quasi tutti gli sportelli in provincia di Cagliari sono rimasti chiusi, sono state aperte pochissime agenzie – ha detto il segretario regionale della Fisac, Maurizio Corbani – non c'è stato alcun disagio per le operazioni online, restano in funzione anche i bancomat fino a quando avranno contante".
Sono cinquemila nell'isola i bancari. Anche la Sardegna dunque aderisce allo sciopero nazionale di otto ore indetto per oggi dai sindacati Fisac Cgil, Fiba Cisl, Uilca Dircredito, Ugl, Sinfub e Fabi. Quella di oggi – annunciano le organizzazioni di categoria – è la prima azione di mobilitazione alla quale se non arrivano risposte, faranno seguito altre iniziative, presidi e flashmob nei singoli territori.
"Dobbiamo difenderci da un attacco inaccettabile che mira a destrutturare la nostra categoria calpestando diritti e redditi in favore degli interessi dei banchieri – ha sottolineato Corbani – le banche devono essere il volano dell'economia dell'isola. Le decisioni assunte dall'Abi vanno ad incidere sulle condizioni delle famiglie sarde e della microeconomia, falcidiata dalla mancata erogazione del credito".
Il segretario territoriale della Fisac Cgil di Cagliari, Sandro Gallittu, rimarca: "E' importante che l'opinione pubblica capisca la differenza tra banchieri, che hanno condotto gli istituti all'attuale difficoltà, e bancari che in questi anni hanno tirato la carretta e ai quali i banchieri tentano di far pagare il prezzo della crisi".